ebook di Fulvio Romano

mercoledì 6 novembre 2013

Un paese con il cellulare in mano...

D La Stampa di oggi

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Cultura

Cultura, distratti dal telefono ci scordiamo il suo valore

Caro Direttore, scoprire che l’Italia è al ventitreesimo posto come indice di partecipazione culturale, dopo la Bulgaria, è una cosa che fa male ma non sorprende. È l’ennesimo triste esempio dello sfascio a cui è stato portato il paese nell’ultima ventina d’anni. Una nazione che forse ha il maggior numero di beni culturali al mondo, che ha dato in diverse epoche immensi contributi nel campo dell’arte, della letteratura, della musica, della scienza, non è più capace di riconoscersi, di valutare altra ricchezza che non sia il denaro, possibilmente guadagnato in modo rapido e facile, mentre la cultura sembra esser diventata qualcosa di ingombrante, di inutile per l’esistenza e la qualità della vita. Temo ci vogliano molti anni per riparare a questi guasti, ammesso che ci si riesca. Fra i tanti, ne è sconfortante segnale il comportamento della nostra politica che, nonostante gli esempi stranieri, si ostina a non vedere non solo la grandezza ma neppure l’enorme potenzialità economica racchiusa nella nostra millenaria cultura.

Maurizio Degiani

Ho letto il paginone sui demoralizzanti dati delle attività culturali degli italiani: ma se non leggiamo, non dipingiamo, non andiamo a teatro o ai concerti, non visitiamo i monumenti nemmeno avendoceli ad ogni passo, se i musei e le biblioteche ci fanno orrore, e andiamo solo un po’ al cinema e non guardiamo nemmeno la tv, e vista la disoccupazione che c’è... come diamine passiamo le giornate noi italiani?

I.M.Sala

Parto dal fondo e con una battuta amara. Come passiamo le giornate noi italiani? Al telefono o perlomeno con il telefono in mano. Guardatevi intorno in treno, su un autobus, nella sala d’aspetto del medico o guardate i due seduti accanto a voi in pizzeria, oppure guardatevi allo specchio. Stiamo tutti troppo con il telefonino e questo si è mangiato molto del tempo della lettura e della televisione (in questo caso con la complicità dei social network e dei siti internet). Il resto lo hanno fatto la crisi e un senso diffuso di stanchezza. Non possiamo però dare come al solito tutta la colpa alla politica, sta diventando francamente stucchevole, prendiamoci un po’ di colpa o condividiamola: la cultura spesso richiede metodo, impegno e attenzione, e non sempre abbiamo voglia di metterceli. In questo panorama io però vedo anche tanti segnali positivi, penso al grande successo del salone del Libro, ai Festival che si sono moltiplicati - questo è stato l’anno di PordenoneLegge - e alle tante piccole iniziative culturali di paesi e quartieri. Da lì dobbiamo ripartire, imparando anche che non tutto può essere sussidiato dallo Stato e che non si può pretendere che la cultura sia gratis, perché ha un valore che è giusto riconoscerle.

Mario

Calabresi


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