Cultura
Cultura, distratti dal telefono ci scordiamo il suo valore
Caro Direttore, scoprire che l’Italia è al ventitreesimo posto come indice di partecipazione culturale, dopo la Bulgaria, è una cosa che fa male ma non sorprende. È l’ennesimo triste esempio dello sfascio a cui è stato portato il paese nell’ultima ventina d’anni. Una nazione che forse ha il maggior numero di beni culturali al mondo, che ha dato in diverse epoche immensi contributi nel campo dell’arte, della letteratura, della musica, della scienza, non è più capace di riconoscersi, di valutare altra ricchezza che non sia il denaro, possibilmente guadagnato in modo rapido e facile, mentre la cultura sembra esser diventata qualcosa di ingombrante, di inutile per l’esistenza e la qualità della vita. Temo ci vogliano molti anni per riparare a questi guasti, ammesso che ci si riesca. Fra i tanti, ne è sconfortante segnale il comportamento della nostra politica che, nonostante gli esempi stranieri, si ostina a non vedere non solo la grandezza ma neppure l’enorme potenzialità economica racchiusa nella nostra millenaria cultura.
Ho letto il paginone sui demoralizzanti dati delle attività culturali degli italiani: ma se non leggiamo, non dipingiamo, non andiamo a teatro o ai concerti, non visitiamo i monumenti nemmeno avendoceli ad ogni passo, se i musei e le biblioteche ci fanno orrore, e andiamo solo un po’ al cinema e non guardiamo nemmeno la tv, e vista la disoccupazione che c’è... come diamine passiamo le giornate noi italiani?
Mario
Calabresi