Imperia
Se diventasse
una Fly zone
dello spirito?
Comunque vada quest’edizione del Festival ce la ricorderemo. Colte da una chiacchierata tra addetti ai lavori che bazzicano l’Ariston da oltre trent’anni, queste parole interpretano sensazioni relativamente nuove sbocciate a Sanremo. Da una parte, quanto di terribile sta accadendo nel mondo e il clima che ne consegue, fra caute quanto eloquenti misure di prevenzione, possono proiettare l’essenza del Festival nella sua effettiva dimensione: un’amata vetrina musicale, da attraversare con passo lieve. Al netto cioè di pseudo-melodrammi, polemiche di cartapesta e fanta-casi che non di rado in passato hanno accompagnato la settimana della rassegna. Mai come quest’anno non se ne sente il bisogno.
Dall’altra parte il Festival mostra già tutta la sua forza e Sanremo in questi giorni si è preparata a guadagnare la scena senza indugi, con la consapevolezza di chi sa stare sotto i riflettori con qualunque stato d’animo. E al di là di tutto, in fondo, la Sanremo vietata ai droni appare già bell’e pronta a confermarsi una «Fly zone» dello spirito. Con le sue paillettes e le sue canzoni, un luogo ideale dove far volare per un po’ l’immaginazione. E la speranza. Di un futuro soltanto nel segno di innocenti refrain e red carpet di pace.