ebook di Fulvio Romano

venerdì 19 febbraio 2016

La Silicon Valley al fianco di Apple Sfida alla Casa Bianca sulla privacy

LA STAMPA

Economia

la compagnia di cupertino si è rifiutata di collaborare. le aziende del digitale: evitato un precedente preoccupante

La Silicon Valley al fianco di Apple

Sfida alla Casa Bianca sulla privacy

Google e WhatsApp: giusto impedire all’Fbi di violare l’iPhone del killer di San Bernardino

Google, Edward Snowden, e in generale la comunità delle grandi aziende digitali, contro l’Fbi, appoggiata dalla Casa Bianca e dal candidato repubblicano alla presidenza Donald Trump. Si stanno formando alleanze sorprendenti, intorno al caso provocato dall’ordine del giudice che ha chiesto alla Apple di aiutare gli investigatori a penetrare l’iPhone di Syed Farook. Schieramenti insoliti, che dimostrano quanto il braccio di ferro sia al centro del futuro della nostra privacy.

Il 2 dicembre scorso, quando Farook e sua moglie Tashfeen Malik avevano ucciso 14 colleghi durante una festa natalizia a San Bernardino, avevano uno smartphone. L’Fbi ha cercato di vedere se conteneva informazioni sull’attacco, o contatti con eventuali complici ed ispiratori, ma non è riuscita a «craccarlo». Dopo dieci tentativi falliti tutte le informazioni custodite verrebbero perse per sempre, e quindi gli agenti hanno chiesto alla Apple di creare una chiave di accesso, sviluppando un software che aggiri questa sicurezza. La compagnia di Cupertino si è rifiutata, l’Fbi ha fatto causa, e il giudice Sheri Pym ha ordinato alla Apple di collaborare. Il ceo Tim Cook ha risposto che non lo farà, preannunciando un ricorso.

Ieri nel dibattito è intervenuto il collega di Google, Sundar Pichai, con questa dichiarazione fatta attraverso Twitter: «Obbligare le compagnie a consentire l’hacking potrebbe compromettere la privacy degli utenti. Sappiamo che le forze dell’ordine e le agenzie di intelligence fronteggiano gravi sfide contro criminalità e terrorismo. Noi costruiamo prodotti sicuri per tenere le vostre informazioni al riparo, e diamo alle forze dell’ordine accesso ai dati sulla base di ordini legali validi. Questo però è completamento diverso dal richiedere alle compagnie di consentire l’hacking degli apparecchi e dei dati dei clienti. Ciò potrebbe costituire un precedente preoccupante».

Anche Jan Koum, ceo di WhatsApp che appartiene a Facebook, ha preso le difese di Cook: «L’ho sempre ammirato per le posizioni prese sulla sicurezza, e non potrei essere più d’accordo con lui. Dobbiamo impedire questo pericoloso precedente. Oggi la nostra libertà è in pericolo». Con loro si è schierato anche l’ex agente della National Security Agency Edward Snowden, con questo messaggio: «L’Fbi ha creato un mondo in cui i cittadini si affidano alla Apple per difendere i loro diritti, invece del contrario».

La posizione del Federal Bureau of Investigation invece è stata sostenuta dalla Casa Bianca, e anche dal candidato presidenziale repubblicano Donald Trump: «Ma chi si credono di essere - ha commentato il costruttore - questi della Apple? Qui siamo davanti alla minaccia terroristica, il telefono deve essere aperto».

Google ha ammesso che già fornisce informazioni alle forze dell’ordine. Come Facebook, a differenza della Apple, queste compagnie raccolgono pubblicità e quindi dati sui loro clienti. Il caso Farook però è diverso, perché l’Fbi chiede di costruire strumenti per violare la privacy degli utenti dei prodotti digitali, stabilendo un precedente secondo cui il governo ha diritto ad accedere a qualunque informazione, per motivi di sicurezza. La stessa logica che era alla base dello spionaggio della Nsa, rivelato e denunciato da Snowden.

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paolo mastrolilli


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