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lunedì 15 febbraio 2016

L'Italia di Sanremo ( e Renzi) indifferente per Giulio Regeni...

LA STAMPAweb

Italia

Caso Regeni, Letta sferza l’Italia

“Troppa indifferenza per Giulio” 

Su Twitter l’ex premier attacca istituzioni e mass media: “Non c’è lo sdegno

che il livello delle notizie terribili che arrivano dall’Egitto richiederebbe” 

Finora il fronte interno aveva sostanzialmente tenuto, pochissime voci avevano invocato maggior energia da parte del governo italiano sul caso Regeni, ma ora è Enrico Letta, predecessore di Matteo Renzi a palazzo Chigi, a proporre un interrogativo, con due tweet: «Solo una mia impressione? Perché su caso #GiulioRegeni emozione nel Paese non a livello delle notizie terribili che arrivano dal #Cairo?». E ancora: «Troppa indifferenza per Giulio». Parole misurate, che non chiamano in causa direttamente il governo o il presidente del Consiglio, ma semmai il sistema-Paese nel suo complesso: governo e premier, certo, ma anche mass-media e istituzioni. Sulla rete si è acceso subito uno scambio di messaggi che hanno colto l’essenza della questione sollevata da Letta. C’era chi dava la colpa «all’informazione che non va bene», c’era chi sosteneva che questa apatia è legata al fatto che «i renziani hanno in mano stampa e tv e addomesticano tutto». Qualcun altro ipotizzava che «interessi economici prevarranno su sdegno».

Reazioni “da rete” che però colgono un punto: sui mass media italiani finora il dolore e lo sdegno per la morte del giovane italiano non si sono tradotti in una pressione energica perché il governo italiano affronti il caso con maggiore convinzione. Davanti all’escalation di dettagli atroci sulle sevizie subite da Regeni e davanti a richieste di chiarezza che finora erano state espresse con energia da un altro ex capo del governo, Massimo D’Alema, le reazioni di Palazzo Chigi sono state segnate dal tratto dell’ufficialità. L’altro giorno, intervenendo a “Radio anch’io”, il presidente del Consiglio ha detto testualmente: «E’ una vicenda drammatica e noi agli egiziani abbiamo detto: l’amicizia è un bene prezioso ed è possibile solo nella verità». Nei giorni precedenti Renzi si era espresso così: «Per ora abbiamo tutte le risposte che avevamo chiesto e abbiamo preteso che davanti a tutti gli elementi dell’inchiesta siano seduti allo stesso tavolo anche i nostri esperti perché siano presi i veri colpevoli». 

Espressioni formalmente ispirate da una richiesta di chiarezza, ma flebili se confrontate all’enfasi che un leader come Renzi sa porre sulle questioni che gli stanno a cuore. Alcuni giorni fa un personaggio come il direttore di Micromega, Paolo Flores d’Arcais, che sicuramente detesta Renzi, però ha ben sintetizzato i “precedenti” che potevano far immaginare una reazione “alta” davanti al caso Regeni: «La parola “orgoglio” associata a “Italia” è stata usata da Renzi in tante occasioni, dall’inaugurazione dello Skyway sul Monte Bianco alla vittoria di Paltrinieri nei 1500 stile libero nei mondiali di nuoto (“strepitoso Gregorio, orgoglio Italia”), dal “decreto banche” al volo in Perù».

E anche se Renzi e i servizi italiani dispongono di informazioni al momento indisponibili all’opinione pubblica, il profilo basso tenuto dal governo italiano sta suscitando più sorpresa all’estero che in Italia. Sulla vicenda ieri è intervenuto, con parole misurate, anche il presidente dei deputati di Forza Italia Renato Brunetta: «Caso Regeni va risolto, trovare verità. Salvaguardare rapporti Italia-Egitto ma pretendere max collaborazione. Governo faccia di più». Oltre a editoriali molto affilati sui giornali anglosassoni, si moltiplicano le petizioni. Paz Zàrate, esperta di diritto internazionale a Cambridge e columnist, amica di Regeni, sua ex collega al think tank Oxford Analytica, è l’ispiratrice di una petizione inviata al Parlamento britannico in cui si chiede una indagine seria: «Gente legata all’ambiente accademico che non conosceva Giulio ha fatto la fila per ore venerdì davanti all’ambasciata italiana a Londra. La scarsa attenzione dell’Italia è imbarazzante». 

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fabio martini