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giovedì 16 maggio 2013

Renzi temporeggiatore...

LA STAMPA

Italia

Pd, pressing per far candidare Renzi

Molti dei suoi lo incitano a rompere gli indugi. E per Epifani “sfida delle piazze” con Grillo e Berlusconi

«Altro che il Chiampa, deve scendere in campo Matteo, ma se lui non c’è Sergio è un profilo spendibile», dice un renziano doc e il suo pensiero coincide con quello di buona parte dei parlamentari di fede renziana che in queste ore stanno esercitando un pressing sul «rottamatore» perché si candidi a guidare il Pd.

E il motivo per cui Renzi non ha ancora speso neanche una parola in favore di Chiamparino è proprio questo: deve ancora decidere se candidarsi o meno alla segreteria in prima persona, se benedire un nome con un profilo a lui affine o se nascondersi dietro una candidatura «unitaria» che gli possa rendere più agevole la partita della premiership. Una scelta complessa con molte variabili: la prima è capire che respiro temporale può avere il governo Letta, la seconda è se verrà stabilita la separazione tra segretario del partito e candidato premier; separazione che D’Alema dà già per acquisita dopo la deroga concessa da Bersani a Renzi per le primarie dello scorso autunno, ma che molti «puristi» del Pd non vogliono affatto avallare. Ma nelle prossime settimane il «rottamatore» dovrà sciogliere il nodo, ben sapendo che non è affatto detto che diventare segretario del Pd gli faccia mantenere all’esterno quell’appeal che gli consentirebbe di vincere le elezioni, ma anche che non è affatto detto che il treno delle urne passi nel breve-medio termine.

In tutto ciò, per la prima volta su un tema cruciale come questo, il gruppo dei renziani di Camera e Senato è spaccato a metà: da nord, centro e sud si levano le voci di quelli che gli chiedono di rompere gli indugi, i fiorentini a lui più vicini invece lo sconsigliano, «perché non è nelle sue corde» e i romani sono divisi tra pro e contro. Uno che fa capire chiaramente come la pensa è un pezzo forte del renzismo, l’emiliano Matteo Richetti, rimasto però fuori dai giochi di governo e sottogoverno. «Il paese sta chiedendo a Renzi di esercitare la sua leadership, la scelta, i modi e i tempi spettano a lui, ma non può sottrarsi a questa richiesta». Tradotto con le parole di un’altra pasdaran della candidatura diretta, che preferisce però restare anonima, «Matteo è indeciso e per questo non benedice nessun candidato, ma molti di noi gli stanno dicendo: il Chiampa è bravissimo, ma ora tocca a te buttarti nella mischia». Dunque, a distanza di 24 ore, c’è chi assicura che malgrado Chiamparino con Renzi negli ultimi tempi si sia sentito, «questa accelerazione non l’ha concordata con Matteo». Una ricostruzione secondo cui sarebbe stato Veltroni a chiamare Renzi - i due da tempo si sono riavvicinati - per chiedergli se avesse qualcosa in contrario rispetto ad una candidatura di Chiamparino. Ma un conto è dire «no, figuriamoci», dopo aver sponsorizzato il nome di Chiamparino per il Colle, altra cosa è un endorsement che ancora non c’è. Anche perché tra i pasdaran renziani aleggia il sospetto che Renzi abbia stretto, o stia valutando se farlo, un patto con l’apparato ex diessino - leggi D’Alema e i «turchi» - per appoggiare il candidato che sceglieranno loro per il Pd, in cambio di un impegno a farsi incoronare come candidato unico alle primarie di centrosinistra.

E in questa tortuosa ridda di ipotesi, una delle motivazioni che spingono alla prudenza il «rottamatore» è quella di non lanciare altri candidati per non intralciare il compito già arduo di chi si è insediato solo ieri al Nazareno, cioé Epifani. Che ha deciso di misurarsi con la «sfida delle piazze», sarà sul palco a San Giovanni con Marino venerdì 24 quando Grillo sarà a piazza del Popolo e Berlusconi con Alemanno al Colosseo; e di rinviare i nodi interni e la Direzione dopo le comunali. Quello stesso Epifani che dovrà decidere se offrire al renziano Luca Lotti la carica dell’Organizzazione nella nuova segreteria (che vorrebbe affiancata da un caminetto con tutti i veri big): le truppe sono guardinghe e temono che avendo già Lino Paganelli come responsabile delle feste del Pd, a Renzi sia concesso un altro incarico minore, ai circoli o agli enti locali, ma non le chiavi della «ditta».

carlo bertini


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