ebook di Fulvio Romano

martedì 14 maggio 2013

La requisitoria di Boccassini. In un paese normale sarebbe l'epitaffio politico del Cav.

Ma in Questa Italia non lo sarà, anzi...

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Italia


“Condannate Berlusconi a sei anni”

Dura requisitoria dell’accusa: “Nessuna attenuante, interdizione perpetua dai pubblici uffici”

«Oltre ogni ragionevole dubbio». Ilda Boccassini ripete questo concetto più e più volte prima di chiedere, dopo quasi 7 ore di requisitoria, che Silvio Berlusconi venga dichiarato «colpevole» dei reati di concussione per induzione e prostituzione minorile e condannato a una pena di sei anni complessivi di carcere, più l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e 6 anni di interdizione legale. Una richiesta giudicata «altissima e sconnessa dalla realtà», secondo l’avvocato Niccolò Ghedini. Ma per Boccassini a parlare sono le carte processuali che dimostrano come «oltre ogni ragionevole dubbio» il Cavaliere fece sesso con Karima El Marhoug; «oltre ogni ragionevole dubbio» l’allora premier sapeva che la ragazza era marocchina e, soprattutto, minorenne; «oltre ogni ragionevole dubbio», «intervenne abusando della sua qualità di Presidente del Consiglio presso la Questura di Milano per impedire che si potesse disvelare che quella minorenne aveva fatto sesso con lui»; «oltre ogni ragionevole dubbio» ha pagato Ruby Rubacuori, «almeno 5 milioni di euro» per ottenerne il silenzio e la complicità. E cita una famosa intercettazione, il pm: «Cerca di farti passare per pazza, io ti sarò sempre vicino, ti darò quello che vuoi, tu spara cazzate, ti ricoprirò d’oro».

Nell’ormai famoso «sistema prostitutivo» delle notti di Arcore, «per compiacere la concupiscenza di Silvio Berlusconi», tutti sapevano. Lo sapeva Emilio Fede che accompagnò Ruby per la prima volta a villa San Martino la sera del 14 febbraio 2010. Lo sapeva Lele Mora che prese la ragazza sotto la sua ala protettiva. Lo sapeva Nicole Minetti, che la andò a prelevare in Questura la sera in cui Ruby viene fermata per un’accusa di furto ai danni della sua convivente, la «ballerina» Katia Pasquino, la «scheggia impazzita» di questa vicenda. E ovviamente lo sapevano le Olgettine «venute a testimoniare a libro paga», il suo avvocato di allora, Luca Giuliante, ex tesoriere del Pdl in Lombardia, che la contro-interroga una sera di ottobre per sapere «e far sapere a Berlusconi», che cosa la minorenne aveva raccontato ai magistrati in agosto, all’inizio dell’inchiesta. E lo sapevano, o meglio, lo immaginavano anche i vertici della Questura, perché «nessuno credette veramente alla colossale balla - parole del Questore dell’epoca - della nipote di Mubarak».

Mentre era chiaro a tutti che il Presidente del Consiglio, già coinvolto negli scandali della diciottenne Noemi a Napoli e dei festini a luci rosse con Patrizia D’Addario a Palazzo Grazioli, stava intervenendo, telefonando a mezzanotte da Parigi, dopo un vertice internazionale, non per una delicata questione diplomatica sulle parentele presidenziali egiziane di quella ragazza sbandata e scappata da casa, e nemmeno perché mosso da un sentimento di compassione «verso la povera extracomunitaria musulmana maltrattata dal padre». «In Questura, quella sera del 27 maggio, che Karima fosse marocchina e non egiziana, che fosse minorenne e non maggiorenne e che per vivere si prostituisse, lo accertarono subito, ben prima che Berlusconi telefonasse». E il fatto che né il capo di Gabinetto Pietro Ostuni, che ricevette la telefonata dalla presidenza nel Consiglio, né il Questore di allora, Bruno Indolfi, che venne informato dal suo funzionario poco dopo mezzanotte, «sentirono il bisogno di togliere il pigiama, vestirsi e correre in Questura per risolvere quello che sembrava un caso diplomatico delicatissimo». «Balle colossali», «testimoni a libro paga», «falsità». E allora, conclude Boccassini, non ci sono attenuanti per Silvio Berlusconi, non ci sono scuse. Ne chiede la condanna a 5 anni di reclusione per il reato di «concussione per induzione», reato riformato dalla recente legge dell’ex ministro Severino, più un anno per il reato di prostituzione minorile. 6 anni complessivi, cui aggiunge l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e l’interdizione legale per 6 anni, pena accessoria particolarmente grave che priva il condannato della capacità di agire, oltre a farlo decadere non solo da parlamentare ma anche da titolare di concessioni pubbliche (televisioni) e dalle contrattazioni borsistiche. Una scelta afflittiva introdotta nel codice per i reati contro i minori in tema di sfruttamento sessuale proprio dal governo Berlusconi che, come ha spiegato all’inizio della sua requisitoria la Boccassini, volle queste norme a maggiore tutela dei minorenni. E ora, rischia di pagarne le conseguenze.

paolo colonnello


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