LA STAMPA
Italia
“La diaria non si tocca”
Ed è subito rivolta
dei simpatizzanti
Un parlamentare su due vorrebbe tenere tutti i rimborsi
Crimi: “Manterremo gli impegni presi”
Tra un po’ si arriverà al terzo stipendio ma i parlamentari grillini ancora non hanno trovato un accordo sul destino della loro diaria, una delle promesse elettorali, uno dei simboli del loro essere diversi rispetto alla vecchia politica. Due sere fa un sondaggio ha fatto capire che deputati e senatori disobbediranno alle richieste di Grillo e Casaleggio che li avevano invitati a restituire la parte d’indennità non spesa versandola ad alcune Onlus o creando un fondo per il micro credito alle piccole imprese.
Quasi uno su due dei 163 parlamentari del M5s, invece, ha optato per la libertà di coscienza, con la diaria completamente trattenuta dall’eletto e la possibilità di scegliere quanto rendere.
Una decisione che è apparsa poco coerente con le promesse elettorali: sul blog di Beppe Grillo e sui profili Facebook dei parlamentari sono arrivate molte richieste di chiarimento.
La questione è di quelle spinose, che possono costare molti consensi al movimento, La parola d’ordine è marcare la differenza rispetto alla vecchia politica. Vito Crimi si affretta a rassicurare tutti: «Il M5s manterrà gli impegni presi in campagna elettorale. Ha già cominciato rinunciando ai rimborsi elettorali e sono 42 milioni di euro; ha già cominciato restituendo 400 milioni di euro al mese dell’indennità: per 12 mensilità sono 5 milioni l’anno, 25 milioni nell’arco di una legislatura» e «ha già deciso di rinunciare all’indennità di fine mandato». Quindi, conclude, chiedendo ancora un po’ di tempo per trovare un accordo. «Dateci qualche giorno e non vi deluderemo». La decisione finale, infatti, sarà presa in settimana durante un’assemblea plenaria che avrà il compito di pronunciarsi sulla difficile vicenda.
Roberto Fico, deputato, fedelissimo di Casaleggio, fa altrettanto ricordando anche lui «i 42 milioni di euro di rimborsi elettorali non presi perché non voluti e poi la rinuncia all’assegno di fine mandato, circa 30 mila euro a parlamentare, la riduzione del 50% dell’indennità e in più la rendicontazione on-line di tutte le spese sostenute» e, infine, la rinuncia alle doppie indennità.
Ma non tutti i parlamentari la pensano allo stesso modo. Bartolomeo Pepe, senatore, scrive sul suo profilo Facebook la sua posizione: «Il non speso lo restituiremo. Ripeto, lo restituiremo». Ad alcune condizioni, però: «Non chiedeteci di affamare i nostri sottopagati collaboratori; il caffè e la cena gli è dovuta, specie perché è a cena che pensiamo i nostri progetti migliori, specie perché non stacchiamo mai, e chi mi conosce lo sa, specie perché meriterebbero di guadagnare più di noi e non uguale. Perché i nostri collaboratori guadagnano uguale quando lavorano uguale». Insomma, conclude, degli stipendi dei parlamentari «renderemo conto allo storia, a Dio e pure a Panorama. ma dateci il tempo di fare i conti. È solo questione di tempo».
Molto chiara Patrizia Terzoni, deputata: «Io ho votato per trattenere l’80%», ammette perché «non è questione solo di vivere, ma anche di espletare il mandato. Io, ad esempio, sono dovuta andare in Sicilia. Se ti chiamano, o devi spostarti, che fa? Non vai? Con 2500 euro al mese uno non riesce a cavarsela».
In settimana la decisione, e quella che si annuncia non sarà un’assemblea semplice.
flavia amabile
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