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venerdì 7 giugno 2013

M5s: comincia la ribellione...

LA STAMPAweb

Italia

La rivolta contro Crimi
“Tra di noi troppi infiltrati”

Il senatore Giarrusso attacca il capogruppo e minaccia di andarsene
Furnari e Labriola avranno un chiarimento con il leader a Taranto

Metà mattina, atrio principale di Montecitorio, il deputato tarantino Alessandro Furnari, già cittadino Cinque Stelle, firma la lettera con cui chiede ufficialmente di lasciare il Movimento e di passare al gruppo misto. Piega la testa sul bancone degli uscieri. E verga il suo nome con una bic nera. Addio. Adesso è ufficiale. Imbuca la sua missiva, destinata alla presidenza della Camera, assieme a quella della collega Vincenza Labriola. Respira a fondo. Ha lo sguardo triste, come se per legge qualcuno gli avesse vietato di guardare il cielo. Eppure si sente sollevato. Decide di offrirsi un caffè. Curva leggermente le spalle e si avvia in Transatlantico dove incontra il vice presidente della CameraLuigi Di Maio. Un dialogo amichevole. Spiegazioni. Comprensione. Dai aspetta. Non è più possibile. Ma perché lo fai? Cose così. Finché il telefono di Furnari squilla. È Grillo. Fuori tempo massimo. «Alessandro ma che cosa ti succede?». Alessandro glielo spiega. Venti minuti di dialogo. Il discorso più lungo che ha mai fatto col Capo. «Mi ha chiesto di aspettare ad ufficializzare la cosa. Sabato è a Taranto, casa mia e di Vincenza. E domenica ci sono i ballottaggi. L’ho ascoltato. Non voglio mettere in difficoltà il movimento». Ma il Movimento ha già deciso che lui è un traditore. «Scilipoti». «Vigliacco». «Hai sentito l’odore dei soldi , fai schifo». La sua pagina Facebook diventa un verminaio. Anche quella della Labriola. Le scrivono cose orrende. «Ognuno reagisce a modo proprio. L’avevo messo in conto», racconta lei. Spaventata? Un po’. Ma molto più leggera. «Quando uno ha le scarpe strette alla fine se le toglie». Ha dato appuntamento ad Alessandro a Palazzo Marini. Prendono un treno assieme. Lei lo guarda. Come se cercasse nei suoi occhi la pienezza delle proprie parole più che una risposta a quello che stanno facendo. «C’è un momento in cui ti rendi conto della distanza che passa tra l’utopia e la concretezza delle cose». Diranno che lo fai per soldi. «Lo so. Ma non è vero. Lo faccio perché nelle riunioni invece di discutere di lavoro, di politica, si parlava d’altro. Era diventato impossibile». Ha lo sguardo pulito. Non si sente in colpa. Furnari dice che anche la storia dell’Ilva ha contato parecchio. Il Movimento si è mosso senza chiedergli niente. E le posizioni di Grillo gli sono sembrate inconciliabili con le sue. «Ha parlato di dazi doganali. Io invece immagino una città che riscopre il turismo. Che non ha più paura di essere ammazzata dai tumori. Scriverò ogni cosa in un post. Sono stato sempre fedele al Movimento. Ma non ho mai smesso di ragionare con la testa di Alessandro Furnari.». Su Facebook gli insulti non si contano più. Buon viaggio.

Che cosa succede al Movimento? Ci può essere un giorno peggiore di questo giovedì 6 giugno? Immaginarlo è difficile. Soprattutto se si sposta l’attenzione dalla Camera al Senato. È come essere a teatro. Sul palco sale l’irascibile senatore siciliano Mario Michele Giarrusso. Uno spettacolo che dura forse tre ore. Diciamo dalle cinque alle otto. «Ho scritto al Presidente Grasso di essere sostituito nella Giunta per le Elezioni e le Immunità». È fuori di sé. Grida. Accusa. Ritratta. Precisa. Una furia. Molla tutto. Anzi, alla fine resta. Ma con chi se la prende? «Nel movimento ci sono infiltrati di Berlusconi. Lo segnaleremo a Beppe e li manderemo affanculo». Il suo stupefacente obiettivo è Vito Crimi, il suo capogruppo, che al momento di votare il candidato al Copasir - e cioè lui, Giarrusso - si è perso nei meandri del Palazzo. Sparito, risucchiato in un labirinto. Assente ingiustificato nel momento del bisogno. «È stata una Caporetto. Ma se ci hanno messo all’angolo non è solo per responsabilità esterne. Adesso apriamo la caccia al berlusconiano infiltrato. Ci sono delle mele marce. Se le ha il Pd perché non dovrebbero esserci tra noi? Vogliono salvare Berlusconi». Spara cannonate contro il pupillo di Grillo. E persino, per tre ore, si dimette. Poi si calma. Respira. Ritira le dimissioni. Mentre Crimi si scusa - «Ho commesso un errore. Mi dispiace» - e il Movimento si riunisce alla Camera nell’ennesima e sempre più vuota riunione fiume congiunta. Scricchiolii antipatici. Come fai a convincere un Paese che il tuo favoloso successo elettorale non è stato soltanto un biglietto della lotteria in un mondo di lanci di dadi a casaccio e di subbuglio senza fine?

ANDREA MALAGUTI



martedì 7 maggio 2013

Come i Grillini si innamorarono cammin facendo della diaria parlamentare...

LA STAMPA

Italia

“La diaria non si tocca”

Ed è subito rivolta

dei simpatizzanti


Un parlamentare su due vorrebbe tenere tutti i rimborsi

Crimi: “Manterremo gli impegni presi”


Tra un po’ si arriverà al terzo stipendio ma i parlamentari grillini ancora non hanno trovato un accordo sul destino della loro diaria, una delle promesse elettorali, uno dei simboli del loro essere diversi rispetto alla vecchia politica. Due sere fa un sondaggio ha fatto capire che deputati e senatori disobbediranno alle richieste di Grillo e Casaleggio che li avevano invitati a restituire la parte d’indennità non spesa versandola ad alcune Onlus o creando un fondo per il micro credito alle piccole imprese.

Quasi uno su due dei 163 parlamentari del M5s, invece, ha optato per la libertà di coscienza, con la diaria completamente trattenuta dall’eletto e la possibilità di scegliere quanto rendere.

Una decisione che è apparsa poco coerente con le promesse elettorali: sul blog di Beppe Grillo e sui profili Facebook dei parlamentari sono arrivate molte richieste di chiarimento.

La questione è di quelle spinose, che possono costare molti consensi al movimento, La parola d’ordine è marcare la differenza rispetto alla vecchia politica. Vito Crimi si affretta a rassicurare tutti: «Il M5s manterrà gli impegni presi in campagna elettorale. Ha già cominciato rinunciando ai rimborsi elettorali e sono 42 milioni di euro; ha già cominciato restituendo 400 milioni di euro al mese dell’indennità: per 12 mensilità sono 5 milioni l’anno, 25 milioni nell’arco di una legislatura» e «ha già deciso di rinunciare all’indennità di fine mandato». Quindi, conclude, chiedendo ancora un po’ di tempo per trovare un accordo. «Dateci qualche giorno e non vi deluderemo». La decisione finale, infatti, sarà presa in settimana durante un’assemblea plenaria che avrà il compito di pronunciarsi sulla difficile vicenda.

Roberto Fico, deputato, fedelissimo di Casaleggio, fa altrettanto ricordando anche lui «i 42 milioni di euro di rimborsi elettorali non presi perché non voluti e poi la rinuncia all’assegno di fine mandato, circa 30 mila euro a parlamentare, la riduzione del 50% dell’indennità e in più la rendicontazione on-line di tutte le spese sostenute» e, infine, la rinuncia alle doppie indennità.

Ma non tutti i parlamentari la pensano allo stesso modo. Bartolomeo Pepe, senatore, scrive sul suo profilo Facebook la sua posizione: «Il non speso lo restituiremo. Ripeto, lo restituiremo». Ad alcune condizioni, però: «Non chiedeteci di affamare i nostri sottopagati collaboratori; il caffè e la cena gli è dovuta, specie perché è a cena che pensiamo i nostri progetti migliori, specie perché non stacchiamo mai, e chi mi conosce lo sa, specie perché meriterebbero di guadagnare più di noi e non uguale. Perché i nostri collaboratori guadagnano uguale quando lavorano uguale». Insomma, conclude, degli stipendi dei parlamentari «renderemo conto allo storia, a Dio e pure a Panorama. ma dateci il tempo di fare i conti. È solo questione di tempo».

Molto chiara Patrizia Terzoni, deputata: «Io ho votato per trattenere l’80%», ammette perché «non è questione solo di vivere, ma anche di espletare il mandato. Io, ad esempio, sono dovuta andare in Sicilia. Se ti chiamano, o devi spostarti, che fa? Non vai? Con 2500 euro al mese uno non riesce a cavarsela».

In settimana la decisione, e quella che si annuncia non sarà un’assemblea semplice.

flavia amabile

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mercoledì 27 marzo 2013

Chissà' quanti di fronte alla spocchia della Lombardi si sono pentitidi aver votato 5 stelle!

Sempre col sorrisino della professorina saccente, dispettosa e maligna, ripete la lezioncina imparata a memoria all'ultimo momento.. Possiamo esprimere la nostra sincera antipatia per la Lombardi, grillina di complemento eletta con una manciata di voti di preferenza alla Camera, nonché acclarata studiosa delle origini  del fascismo?
Non che il Crimi sia tanto meglio, ma almeno sfotte un po' di meno... Non i giornalisti, ma quelli che hanno votato Grillo e questi improbabili personaggi,  proprio perché facessero quello che invece non pensano manco lontanamente di fare... Contribuire a togliere il paese da una situazione ormai pericolosissima.. Certo non per lui, che se va male se ne va col suo autista nella sua Utopia ecologica e colonialista per miliardari... Ma per i poveri cristi appesi ad un filo.
Comunque l'incontro in streaming è andato come pensavamo... Di fronte a personaggi come Lombardi e Crimi, persino  Bersani giganteggia...!
Curioso di sapere quanti alle nuove elezioni voteranno ancora per personaggi come questi piccoli talebani di provincia, che ci fanno quasi rimpiangere la Bindi (il che è tutto dire!!!)

lunedì 11 marzo 2013

Cinque Stelle sfida il Pd: “Voteremo per arresto e ineleggibilità di Berlusconi

Da IL FATTO QUOTIDIANO

Berlusconi ineleggibile e sì a un’eventuale richiesta di arresto a suo carico. Sfida a tutto campo al Partito Democratico. Altro che gli otto punti di Bersani per un governo di minoranza che i Cinque Stelle dovrebbero sostenere. Viceversa è il Movimento Cinque Stelle che riparte dalla questione chiave per l’elettorato del centrosinistra e, tuttavia, mai risolta in quasi 20 anni dallo stesso centrosinistra. Cioè Silvio Berlusconi. La sua ineleggibilità e i suoi guai con la giustizia. E questo avviene nel giorno in cui il Cavaliere torna – suo malgrado – protagonista della cronaca nazionale, con il processo Ruby rinviato per il legittimo impedimento, la marcia di oltre 150 parlamentari del Pdl fino al tribunale e “l’occupazione” dello stesso Palazzo di Giustizia per qualche minuto, Alfano che chiede un incontro d’urgenza al Colle e chiama a una “emergenza democratica”.

Prima ancora delle leggi ad personam, prima ancora del conflitto d’interessi: Berlusconi è ineleggibile. Vito Crimi, capogruppo in pectore del Movimento Cinque Stelle al Senato, non ha dubbi: “Voteremmo per l’ineleggibilità di Berlusconi in quanto concessionario di servizio pubblico, se saremo in Giunta per le elezioni. E ci aspettiamo che anche altri votino per l’ineleggibilità, poi sia Berlusconi a fare ricorso”. Insomma: il Pd è avvisato e, si potrebbe dire, messo all’angolo. Perché il tema non solo sgombra il tavolo dal mini-programma di 8 punti (dove c’è comunque la legge sul conflitto d’interessi), ma non è certamente secondario per l’elettorato di centrosinistra.

Tutto parte dall’appello di Micromega che ha reso noto come una legge sul conflitto d’interessi esista già: si tratta della legge 361 del 1957, sistematicamente violata dalla Giunta delle elezioni della Camera dei deputati. Tra i primi firmatari Andrea Camilleri, Paolo Flores d’Arcais, Dario Fo, Margherita Hack, Franca Rame, Barbara Spinelli che chiedono al nuovo Parlamento che venga finalmente applicata, e Berlusconi non avrà più nessuna immunità di impunità.

Spiega Micromega che nel 1994 (maggioranza di centro-destra) e nel 1996 (maggioranza di centro-sinistra, primo governo Prodi), un comitato animato da Vittorio Cimiotta (“Giustizia e libertà”) e composto da Roberto Borrello, Giuseppe Bozzi, Paolo Flores d’Arcais, Alessandro Galante Garrone, Ettore Gallo, Antonio Giolitti, Paolo Sylos Labini, Vito Laterza, Enzo Marzo, Alessandro Pizzorusso, Aldo Visalberghi organizza i ricorsi dei cittadini elettori, poi respinti dalla Giunta delle elezioni della Camera, con l’unico voto in dissenso di Luigi Saraceni, che il centro-sinistra non confermerà nella Giunta del 1996. Con la motivazione che l’articolo 10 comma 1 della legge dichiara in effetti che non sono eleggibili “coloro che in proprio o in qualità di rappresentanti legali di società o di imprese private risultino vincolati con lo Stato per contratti di opere o di somministrazioni, oppure per concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entità economica”, ma che “l’inciso ‘in proprio’ doveva intendersi ‘in nome proprio’, e quindi non applicabile all’on. Berlusconi, atteso che questi non era titolare di concessioni televisive in nome proprio”.

Ma il Movimento Cinque Stelle ha le idee chiare anche su una eventuale richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti di Berlusconi. La votereste?, chiedono i giornalisti. “Mi prende in giro? – risponde Crimi – E’ una domanda retorica, la risposta è sì. Ovviamente”. E’ ancora pendente, per esempio, la richiesta di autorizzazione a procedere alla perquisizione della cassetta di sicurezza del Monte dei Paschi di Siena sequestrata dalla Guardia di finanza nell’ambito dell’inchiesta di Napoli sulla corruzione dell’ex senatore Sergio De Gregorio (la Procura ha peraltro chiesto il processo immediato).

E il capogruppo al Senato dei Cinque Stelle torna anche sulla manifestazione dei parlamentari del Pdl al tribunale di Milano: “Dovrebbero avere maggior rispetto verso un potere dello Stato come quello giudiziario, anche se ha le sue criticità, ma attaccarlo in questo modo come fa il Pdl è indegno. Siamo arrivati anche alla visita fiscale a Berlusconi: magari sta veramente male, ma se ha qualcosa di più grave lo dica”. Tutto questo avviene nel silenzio del Pd ad eccezione di Andrea Orlando, responsabile giustizia del Partito Democratico. “Il Pdl manifesta ancora una volta uno scarso senso delle istituzioni”, ha detto, “è l’incapacità di accettare un dato fondante della democrazia: ogni cittadino è uguale di fronte alla legge”. Nichi Vendola ha invece definito la manifestazione “un assedio eversivo allo stato di diritto” ed è un’immagine “terribile di un Paese che va a picco”. “Le manifestazioni all’interno dei tribunali – conclude – sono episodi intollerabili e la riacutizzazione dello scontro tra politica e giustizia rischia di portare il Paese allo sfascio”.