Da Mezzogiorno online:
Quanto ci costano le Regioni? Un’indagine su sprechi e privilegi della politica
di Antonio Verga scritto il 22 settembre 2012
In Italia ci sono 1.111 consiglieri regionali, spiega il Sole24ore, e ognuno di essi “costa” 743.000 euro l’anno, tra stipendi, indennità, rimborsi e spese, per un costo complessivo annuo di oltre 825.000.000 euro. La regione più cara? La Sicilia, con 167.546.007 euro l’anno, mentre la più virtuosa è il Molise. Se la cava bene anche la Puglia, che nonostante la grandezza costa 15.247.436 euro l’anno, contro, per esempio, i 72.000.000 delle Lombardia e i 68.000.000 della Campania.
Ma è entrando nel dettaglio che si ha un’idea degli sprechi. Intanto non ci sono controlli, né interni né esterni, sulle spese dei gruppi consiliari; ma come se non bastasse, al contrario di quanto accade nel Parlamento nazionale, in molte regioni i gruppi possono essere composti anche da una sola persona. Il Giornale cita il caso del consigliere abruzzese Menna, Udc, che si trova a gestire 103.000 euro per il suo gruppo, che però è composto solo da lui. Per questo motivo i monogruppi proliferano in tutte le Regioni: in Molise ci sono 17 gruppi per 30 consiglieri. In Umbria ci sarebbe una soglia minima di 3 consiglieri per formare un gruppo, ma grazie a una deroga esistono 5 monogruppi. Inoltre vanno aggiunte le indennità, le strutture e il personale per i capigruppo, che in questi casi sono capigruppo di se stessi.
Nel 2010, il costo per il semplice funzionamento di Consigli e Giunte è stato di 1,2 miliardi di euro, e con i tagli si è arrivati nel 2012 a 1,1. Anche le Regioni sono state sottoposte a spending review, ma questo non è bastato: tranne la Lombardia, nessun consiglio regionale si è adeguato ai nuovi parametri per numero di componenti. La maglia nera è, guarda caso, il Lazio, dove ci sono 71 consiglieri ma 110 posti totali tra commissioni e comitati, con il risultato che molti consiglieri e capigruppo (anche di se stessi) sono contemporaneamente membri, vicepresidenti e segretari di commissioni, con ovvio rialzo della busta paga. Che in qualche caso è più alta di quella del presidente.