ebook di Fulvio Romano

domenica 8 luglio 2012

LA GIAVELO E IL COUCOU

Era dopo san Giovanni che cominciavano le mietiture. Poche ancora a giugno, il resto a luglio: "En jun quaucùn, en juliet a plen pougnet". E infatti un detto che ritroviamo un po' dappertutto raccomandava: "A san-Jan lou voulame en man". Lou voulame o lou voulam, altro strumento archeo ormai sotto naftalina nei musei contadini, era il falcetto, quello che si usava per tagliare una "punhà" d'erba ma soprattutto di grano, o segale. Veniva formata così la "javelo", la javelle, la mannella, e cioè quel poco di fascina di grano che poteva stare in una mano e che veniva tagliata con lou voulam, legata quindi con un "liam" di paglia e lasciata sul campo ad essiccare prima di comporre il covone, la "gerbo", o la "capàla", come si faceva in Langa mettendo insieme le "giavele" tagliate con il "munsueròt". E la "javelo" era protagonista o comprimario, a seconda dei casi, di molti detti. Un simbolo temporale, un'immagine salda nell'immaginario calendariale, così come richiedeva d'altronde un paletto come il "san Giôan" che da solo valeva "tuti i Sant". La "javelo" la ritroviamo già all'origine delle origini del calendario, quando si avvertiva che una chiara notte di Natale avrebbe poi portato una "claire javelle", e cioè ad una mietitura rada, forse per la stagione troppo anticipata che il plenilunio natalizio provocherebbe. Oppure, al contrario, visto che la javelo-javelle indicava anche le piccole fascine di sarmenti delle viti potate, poteva invece -il plenilunio nella notte santa- predire una scarsa vendemmia... Altra convinzione radicata era che la pioggia sulla "Chandelo" (e cioè sulla Candelora) avrebbe poi bagnato anche la "javelo", nonostante la distanza temporale tra i due eventi. Ma anche qui c'è un'altra versione che conferma comunque questa centralità estiva della "javelo" : "Sa piòou 's la Chapelo, piòou 's la javelo". Dove la "Chapelo" indicava il baldacchino utilizzato dal prete nella processione paesana del Corpus Domini. Paesaggio ormai ignoto, quello delle giavele posate sul campo in attesa di diventare covoni. Anche se, in quello che era un tempo il loro momento, ancora oggi ascoltiamo gli ultimi ritmati canti del cuculo, ormai in partenza dalle nostre valli e colline. E infatti: "A la proumiero javello, lou coucou quito la terro".nella foto di Maria Ferrero:20 luglio 2011. sulla collina di Montechiaro (Bastia) si ripete l'antico rito della "giavela