ebook di Fulvio Romano

lunedì 16 luglio 2018

Il melting pot sconfigge i nazionalisti

LA STAMPA

Cultura

il messaggio oltre il campo


Gianni Riotta

Mai mischiare, come apprendisti stregoni, sport e politica, si finisce sempre in fuorigioco. La Federazione americana squalificò, nel 1968, gli atleti neri Smith e Carlos, che salutarono la medaglia olimpica in Messico protestando per i diritti civili, e i due divennero eroi per una generazione. Il Cremlino ordinò ai pallanotisti sovietici, alle Olimpiadi di Melbourne, 1956, di pestare gli ungheresi, e quella piscina rossa di sangue, dopo la repressione della rivolta democratica di Budapest, fece il giro del mondo

A Mosca ieri tutto era allestito perché l’internazionale populista, nazionalista, filorussa, mobilitata dai suoi poderosi siti online, festeggiasse il presidente Vladimir Putin, con il vicepresidente del Consiglio italiano Matteo Salvini, il premier ungherese di destra Viktor Orban, scommettendo con discrezione sulla vittoria della squadra croata, nazione cattolica, senza islamici o emigranti. Di fronte, la Francia multietnica del presidente Macron, che ha vinto a sorpresa le elezioni giusto battendo populisti di destra, Le Pen, e sinistra, Melenchon, cittadini europei di origine africana.

Ma quando Putin ha dovuto consegnare coppa e medaglie, sotto un diluvio formidabile ed improvviso che ha fatto la doccia ai leader, mentre lo staff cercava invano un ombrello, la sceneggiatura politica s’è stazzonata peggio dei blazer blu. La squadra francese ha mostrato a miliardi di persone un’Europa aperta, libera, che sa mantenere le tradizioni - i giocatori francesi cantavano a squarciagola la Marsigliese, con la passione di vecchi soldati - ed accettare nuove culture e generazioni. Del resto il tentativo, condotto con abilità da gruppi di pressione organizzati online, di reclutare la Croazia nella Legione Sovranista era maldestro, se il giocatore premiato come migliore, Modric, ha papà serbo, e viene per questo contestato dagli ultras, fedeli alla fede fascista ustascia. La Russia ha schierato un brasiliano di nascita, la Svizzera kosovari, tanti Paesi hanno mandato in campo multinazionali del pallone, secondo le frenetiche derive del nostro secolo, capace di dividere e integrare.

Così ieri a Mosca, dopo un’avvincente finale, davanti a Putin che oggi vedrà un altro leader contrario all’immigrazione, Donald Trump, al vertice di Helsinki, un Macron in versione per una volta gioiosa e i Bleus di tanti colori han fatto festa. E l’illusione, antica e feroce, di un’Europa bianca, cristiana, ostile, barricata in un castello medievale di pregiudizi e bugie, sembrava dissolversi almeno per una notte, tra pioggia, gol, abbracci fraterni.

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