Cultura
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Terapia verde. La prima persona a far riflettere Andrea Mati - quarta generazione con i fratelli Francesco e Paolo di vivaisti a Pistoia - sul benefico effetto del contatto con gli alberi per i malati fu, tanti anni fa, un suo concittadino Giovanni Michelucci, l’architetto-urbanista della stazione di Firenze Santa Maria Novella e della chiesa dell’Autostrada del Sole. «Su un foglio disegnò il suo ospedale ideale: da un corpo centrale s’irradiavano le ali con le stanze dei malati letteralmente sommerse dagli alberi. Un bosco oltre le finestre, altro che cemento e giardinetti», ricorda Mati che, accantonato il sogno di studiare al Conservatorio (ma compone musica) studiava architettura del paesaggio per poi lavorare nell’azienda agricola fondata nel 1909 dal bisnonno, Casimiro.
Premessa. Nella lunga storia dei Mati, una istituzione del florovivaismo italiano, un posto d’onore va al loro geniale nonno Mario. Durante la guerra di nascosto dai tedeschi piantò migliaia e migliaia di alberelli da frutta che, a fine conflitto, vendette in tutta Europa. «La gente aveva tanta fame. Nonno trasferì la nostra sede a 500 metri dalla stazione; i vagoni carichi di piante andavano al Nord, soprattutto Germania e Francia».
Dagli anni della fame a quelli del disagio. Nel 1986 alla guida del vivaio c’è Miro, terza generazione Mati, quando suo figlio Andrea per ricucire dopo alcune incomprensioni il rapporto con Vincenzo Muccioli si presenta alla Comunità di San Patrignano. Da quel gesto molto apprezzato da Muccioli nasce la trasformazione di una collina di terra dura e fango in una oasi verde. «Vincenzo voleva che i giovani vivessero il più possibile a contatto con la natura. Grazie a Vincenzo, con l’amico Vanni e i ragazzi della manutenzione (molti sono diventati bravissimi giardinieri) abbiamo piantato centinaia di alberi e migliaia di arbusti». Un’esperienza che segna Andrea già volontario alla Caritas di Pistoia. Da fine Anni 90 i fratelli Mati diversificano la loro attività. Nel celebre vivaio (centinaia d’ettari di alberature e conifere e di rare varietà; banditi i concimi chimici) creano «l’Accademia italiana del Giardino» (corsi di formazione per giardinieri e tree climber).
Non solo. Mentre Francesco diventa presidente dei vivaisti di Pistoia, capitale italiana del verde, Paolo fonda «Toscana Fair» (super ristorante e scenografica location per eventi) e Andrea la coop «Giardineria italiana» (sedi a Pistoia, Siena e Peschiera del Garda) specializzata nella manutenzione. I magnifici giardini delle Ville Medicee, il verde della sede a Parigi di Abercrombie&Fitch e del museo Guggenheim a Venezia, gli alberi per la villa Toscana di Sting e quelli per la casa di Radiconcoli di Luciano Berio («Lui mi parlava di alberi, io di musica»). È un elenco prestigioso quello dei lavori fatti dai Mati spesso collaborando con noti architetti e paesaggisti. «Due nomi su tutti? Paolo Pejrone e Silvina Donvito». Ma quello che ormai appassiona Andrea è curare i più fragili con il verde. Così, con l’amico Luigi Pacossi e la terapeuta Lucia Conti, ha dato vita al vivaio San Pantaleo per il recupero di ragazzi con dipendenza da alcol o droghe (16 quelli oggi in cura). E dopo il primo parco per non vedenti ideato ad Arezzo con il Comune, il Garden Club e l’Unione italiana ciechi (grazie a diverse pavimentazioni e cordoli possono girarlo in sicurezza) Andrea Mati si è specializzato nei «Giardini terapeutici», ovvero quelli che grazie a stimoli sensoriali hanno effetti positivi non solo sull’umore ma anche sulla salute.
«I giardini per i ragazzi down devono essere senza barriere, colorati, gioiosi dove tutti insieme possono curare piante e ortaggi mentre per gli autistici bisogna pensare a nicchie verdi dove si sentano più protetti». Non solo farmaci. Oltre i viali del vivaio mi mostra il giardino Alzheimer, esatta copia di quello che ha creato con il celebre geriatra Giulio Masotti al Centro diurno di Monteoliveto. Vialetti bordati da aromatiche, il profumo dell’olea fragrans, il suono dell’acqua della fontana, le panchine ergonomiche. Sogno città e ospedali con questi giardini al posto di certe insulse rotonde e aiuole.
Chiara Beria
di Argentine