«Nazionalismo e populismo sono fenomeni passeggeri», a patto di rispondere con politiche liberiste capaci di favorire la crescita e rispondere all’ansia della gente. Ne è convinto il premio Nobel per l’Economia Vernon Smith, fondatore della scuola sperimentale, che domani sarà ospite dell’Istituto Bruno Leoni a Torino per la lecture annuale dedicata a Sergio Ricossa.
Di che cosa parlerà? «Di Adam Smith, che ha dimostrato quanto siamo empatici nelle nostre scelte, proprio perché motivati dall’interesse personale». È ancora così? «È la nostra natura, che ci ha consentito di sradicare la povertà con sviluppo e crescita». Il risentimento di oggi contro la globalizzazione è giustificato? «La specializzazione genera innovazione e crescita. È un fenomeno iniziato nel Settecento, quando il merito sostituì il privilegio». Oggi però la gente teme le nuove tecnologie, come i robot. «Dobbiamo adattarci ai cambiamenti. L’idea che l’innovazione impoverisca perché fa perdere il lavoro è vecchia di secoli: anche i luddisti distruggevano le macchine. Agli studenti dico di prepararsi ad almeno due enormi cambiamenti nelle loro vite: non possono supporre che le cose imparate oggi li accompagneranno per tutta l’esistenza. Inventando l’auto, Ford distrusse il business delle carrozze, ma l’adattamento generò grande crescita e miglioramenti della nostra vita. Lo stesso accade oggi». Il populismo che sfrutta questo risentimento sbaglia? «Sì, guarda a ciò che perdiamo, anziché a ciò che guadagniamo. Vivremmo meglio senza Google o Amazon? Queste compagnie sono cresciute rapidamente perché soddisfano i bisogni della gente».Dunque dovremmo imparare ad apprezzare i vantaggi dei cambiamenti. «Esatto. Deploro nazionalismo e limiti all’immigrazione, sono cose tristi. Capisco che la gente si senta minacciata, e nazionalisti e populisti guadagnano potere negli Usa e in Europa, ma penso sia una tendenza temporanea. Ci siamo già capitati, ne verremo fuori». Cosa deve fare la politica per superare nazionalismo e populismo? «Enfatizzare l’ottimismo. Parlerò dei trust game cominciati negli Anni 80 e 90, che ci sorpresero, perché la gente prendeva decisioni in cui era cooperativa, non egoista, anche quando erano completamente anonimi. Ora capisco il perché, grazie a Smith». Uno dei suoi libri più noti si intitola La razionalità nell’economia. Ha visto razionalità nella crisi del 2008? «Tutto è cominciato con la legge voluta da Clinton nel 1997, che consentiva di ottenere prestiti fino a 500.000 dollari accendendo mutui sulle case, senza pagare le tasse. Non avere tasse sui capital gain è una grande idea, ma va applicata a tutto. Bisognava massimizzare il reddito reinvestito nello sviluppo, mentre così si è solo spinta la gente a comprare case con i soldi degli altri». Le regole imposte dopo sono state utili o dannose? «Dannose. La legge Dodd-Frank, ad esempio: centinaia di pagine per trattare i sintomi. Bastava imporre una regola: se compri una casa, devi metterci un anticipo di almeno il 30% del valore. Così invece rischiamo di ricaderci». Stiamo tornando verso la crisi? «Ci vorrà un po’ di tempo. Il valore delle case è tornato ai livelli del 2005, ma l’inflazione no. Questo ha consentito di riequilibrare i bilanci famigliari, mettendoci in posizione per un periodo di crescita e prosperità». I tagli alle tasse che vuole fare Trump sono giusti? «Sì. Non c’è ragione per tassare i redditi delle imprese: tutti i soldi che incassano vengono restituiti, sotto forma di stipendi, bonus, dividendi. Non bisogna tassarli a livello corporate, ma quando diventano redditi personali. Altrimenti si incentiva la pratica di lasciarli all’estero, nei Paesi con tasse basse». L’insoddisfazione che ha aiutato Trump a vincere è giustificata? «Sì. Trump è riuscito a parlare alla gente emarginata dal sistema. Dalla Seconda guerra mondiale in poi non avevamo mai avuto un periodo così lungo di bassa crescita e occupazione. Molti si sentivano ignorati, ed era vero. Da qui è venuto fuori il nazionalismo. Ora è importante affrontare i problemi, affinché la gente non vada in questa direzione pericolosa». Il voto in Germania ha rivelato lo stesso problema in Europa? «Molto dipende dalla reazione all’immigrazione. L’Iron Lady Merkel ha deciso di fare la sua parte, accogliendo i migranti, ma ciò non è risultato popolare. Negli Usa per decenni i lavoratori hanno fatto avanti e indietro col Messico, però adesso il sentimento è cambiato a causa della droga. Abbiamo vietato le droghe ricreative, ma siamo stati incapaci di controllare la domanda. E dov’è l’offerta? In America Latina. Ciò ha creato un boom per le loro economie, ma anche la violenza al confine, che ha generato la reazione contro tutti i migranti». Dopo la vittoria dimezzata, Merkel dovrà abbandonare l’austerità? «Per garantire la sostenibilità dei Paesi, come delle famiglie, devi vivere secondo i tuoi mezzi. La corsa al deficit non ha portato la crescita negli Usa, perché la crescita non viene dalle spese dei governo, ma dagli investimenti privati». Cosa deve fare l’Europa per favorire la ripresa?«Evitare le regole che impediscono l’innovazione. Ad esempio l’Antitrust europeo è molto preoccupato per Google. Ma cosa ha fatto Google? Ha battuto la concorrenza e ora favorisce i suoi prodotti: perché non dovrebbe farlo? L’Antitrust non dovrebbe combattere chi lavora meglio, ma garantire la stessa libertà di accesso al mercato per chiunque voglia competere».La Brexit è stata un errore? «L’errore sono le regole imposte dall’Unione Europea, che hanno rimesso il privilegio al posto del merito. Questo rischia di far crollare l’Unione. Ma qualunque cosa accada, l’importante è che si vada verso una maggiore libertà dei commerci». Anche Trump sta rimettendo in discussione i trattati commerciali. «Sbaglia, non sono d’accordo con lui. Non capisce i benefici dei commerci. Dice che il Messico pagherà il muro: no, lo pagheranno i cittadini americani e messicani con la riduzione degli scambi, che farà soffrire le persone da entrambe le parti del muro». Cosa dobbiamo fare per sconfiggere populismo e nazionalismo? «Enfatizzare i benefici dei liberi commerci e del movimento delle persone. Ogni paese ha il diritto di prevenire l’ingresso dei non desiderabili, ma io allargherei le forme legali di immigrazione e non farei preferenze per gli istruiti. È incredibile quanto abbia fatto l’immigrazione per l’America, ma ormai nessuno ne parla».