ebook di Fulvio Romano

martedì 14 ottobre 2014

Tutta colpa della matematica... Genova e i modelli meteo

LA STAMPAweb

Cultura

Tutta colpa

della matematica

I modelli matematici non hanno previsto la bomba d’acqua che ha devastato Genova. 

I cavilli burocratici hanno fermato quel che c’era da fare per prevenire l’ennesima catastrofe. Queste le cause prossime del disastro genovese. Le cause ultime sono la follia di aver costruito nel letto dei torrenti e di non aver fatto manutenzione agli alvei. 

Perché queste cose continuano ad accadere? Perché, anche se tutto ci dice di fare certe scelte, poi non le facciamo? Sicuro di attirarmi le ire di molti puristi, oso dire che la colpa è della matematica e del latino. La settimana scorsa, ad un convegno scientifico, ho litigato con un matematico dell’ex Unione Sovietica perché affermavo che la matematica non riesce a prevedere il comportamento dei sistemi complessi. Si è arrabbiato moltissimo e mi ha detto che le equazioni esistono eccome, e che non so di che parlo. Certo, i matematici sovietici erano di primissimo ordine. In base alle loro equazioni sono stati costruiti i famosi piani quinquennali. Sappiamo come è andata a finire. E i modelli della Cia? Quelli non hanno previsto la caduta dell’Urss. E i modelli degli economisti? Lasciamo perdere. Il comportamento dei sistemi complessi è intrinsecamente imprevedibile. Non esiste la magica equazione che ci dirà cosa avverrà domani. Queste previsioni le trovate nella sezione Oroscopo del vostro settimanale preferito. La matematica è una scienza molto precisa, ma non è detto che restituisca con accuratezza la realtà che cerca di dipingere. La precisione è un numero con molte cifre decimali, l’accuratezza è la corrispondenza di quel numero con la realtà. Dobbiamo fare i conti con l’incertezza. 

Chi studia scienze naturali sa che non esistono equazioni per cose complicate. Lo ha spiegato benissimo Darwin ne l’Origine delle Specie. Cito a memoria: getta in aria una manciata di piume e tutte cadranno al suolo secondo leggi ben definite. In questo passo Darwin descrive la fisica di Newton e Galileo. Poi continua: ma come è semplice questo problema se confrontato alle azioni e reazioni delle innumerevoli piante e animali che hanno determinato, nel corso dei secoli, i numeri proporzionali e le specie di alberi che ora crescono su queste antiche rovine. 

Semplici problemi possono essere affrontati matematicamente, ma i problemi complessi no. Non ci sono equazioni che possano descrivere la storia di un sistema complesso, non parliamo poi di prevederne il comportamento futuro. Non per niente la disciplina di Darwin si chiama Storia naturale: storia! Ma se non possiamo prevedere, che possiamo fare? Possiamo prevenire. Conoscendo la storia naturale si ha contezza di cause ed effetti, ed è per questo che si è inventato il principio di precauzione, in modo da gestire l’incertezza. 

Ma quanta storia naturale c’è nei corsi che preparano alla vita i nostri giovani (e che hanno preparato i non più giovani)? Poca. Pochissima. C’è molta più matematica che storia naturale. Ed è per questo che confidiamo nei modelli matematici che, nel momento estremo in cui servirebbero, falliscono. Prevedono il prevedibile ma non riescono a prevedere l’imprevedibile. Lo stesso succede con i modelli degli economisti. 

E il latino? Perché ce l’ho con il latino? Semplice: mi viene in mente il latinorum dell’azzeccagarbugli di manzoniana memoria. Le dotte disquisizioni giuridiche valgono più delle necessità geologiche. E riescono a fermare i lavori. Questo è successo a Genova, e questo succede a tutto il sistema Italia. Ci piace tanto il latino: il porcellum, l’italicum, il mattarellum, basta trasformare una parola in latino e subito acquista dignità. Tognazzi direbbe: supercazzole. 

Da una parte siamo sicuri dei nostri calcoli, dall’altra ci destreggiamo nei bizantinismi. Non è un problema contingente, è un problema di visione del mondo. Riguarda gli ingredienti che riteniamo irrinunciabili nel costruire la cultura dei nuovi individui. Senza una cultura nuova non saremo attrezzati a capire il mondo che ci circonda e saremo sempre impreparati e sorpresi di fronte a catastrofi annunciate a chi non ha basi per capire gli annunci. 

La storia naturale non trova posto nei nostri corsi di studio, a nessun livello. Quando c’è, si cerca di matematizzarla, incuranti di quel che Darwin ha descritto così bene. Il problema è filosofico. Kant sentenziò che il livello di maturità di una scienza si misura con il suo livello di matematizzazione. Mi spiace: non si può tradurre l’Origine delle Specie in una serie di formule. Ma se non c’è l’equazione non è scienza! Sentenziò Zichichi qualche tempo fa. E subito il ministro Moratti tolse l’evoluzione dai percorsi della scuola dell’obbligo. Siamo ancora in mezzo al guado. 

Non chiedo di togliere latino e matematica, intendiamoci. Chiedo che si trovi spazio anche per la storia naturale, e che lo spazio sia proporzionale alla sua importanza. Ma questa importanza non può essere compresa da chi ignora questa disciplina. Così torniamo al punto di partenza. In attesa della prossima catastrofe. 

Ferdinando Boero


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