Salutare oltre che bello osservare il cielo notturno. C’è un po’ d’umidità, è vero, e la cervicale ne soffre, ma volete mettere il benessere che vi arriva dall’immergervi per un istante soltanto nel “Cielo sopra di noi” che secondo Kant (Immanuel) non poteva che accompagnare “La legge morale dentro di noi”? Capire per un momento che stiamo su una minuscola scialuppa che rivoluziona attorno ad una piccola stella che a sua volta fa parte di un Gruppo Locale che a sua volta gira attorno a non sappiamo che cosa che a sua volta fa parte di una piccola Galassia (che noi ci ostiniamo giustamente a chiamare Via Lattea) che a sua volta... etc.etc.? Una lezione di umiltà che farebbe bene ad ognuno di noi...
Bene, occasione per questo bagno cosmico sono le serate serene di settembre (finché durano). Osservate il cielo dopo il tramonto verso Sud Est e vedrete ormai sorta una grande costellazione che non potrete fare a meno di scorgere in cielo: è un grande quadrato segnato da quattro stelle luminose. Il quadrato di Pegaso.
Pegaso sappiamo tutti chi era (e se non lo sappiamo digitiamolo su wikipedia)... Ma non è del cavallo alato che voglio qui parlarvi.
Più interessante ancora del mito greco mi pare un mito che veniva raccontato sulle nostre montagne occitane, quelle dove si parlava e parla “a nosto modo”... Là in quei racconti c’era una stella, una costellazione, che ricorreva nelle serate settembrine preinvernali che preparavano le veglie... Ed era quella che veniva chiamata, “a nosto modo”, la “Estelo du Parc”.
Sarebbe incomprensibile e impossibile identificarla se non sapessimo che “Parc” in occitanto significa “Stazzo” e cioè il recinto delle pecore... Chiaro: il quadrato di Pegaso ricordava proprio un recinto, quello delle pecore montane. E fin qui...
Ma c’è un’altra cosa che dovete sapere. Nei tempi remoti, che precedevano greci e latini, in società non solo europee, il quadrato di Pegaso era identificato con il recinto in cui sostavano le anime dei morti prima della loro purificazione... Insomma, una specie di Purgatorio celeste, ben visibile e riconoscibile da tutti.
Così, il recinto delle pecore, lo “stazzo” , il Parc, era in realtà - anche per i nostri antichi- quello delle anime e per questo destava ammirazione e timore in chi durante le veglie invernali osservava con curiosità il cielo stellato. Come possiamo tornare a fare anche noi.
Fulvio Romano