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lunedì 4 febbraio 2013

Diciamocela tutta... Bersani non ha la faccia (e non solo quella) del vincente...!

(Diciamocela tutta... Bersani non ha la faccia del vincente...)

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Italia

Un Pd troppo attendista si ritrova (ancora) a inseguire il Cavaliere
Mal gestito il vantaggio che gli attribuivano i sondaggi


A forza di aspettare, è arrivata la zampata del Cavaliere. E rischia di far male. Per un motivo che trova d’accordo i «registi» dell’ultima vittoria del centrosinistra quella del 2006, che però fece registrare anche - e qui sta il punto dolente - una formidabile rimonta di Silvio Berlusconi: l’errore che il Pd che potrebbe ripeterere sette anni dopo è l’attendismo, limitarsi ad amministrare passivamente il vantaggio accumulato nei mesi precedenti. Sostiene Claudio Velardi, capo dello staff di Massimo D’Alema ai tempi di Palazzo Chigi: «Finora Bersani non ha fatto una proposta che sia una, ha scelto l’usato sicuro ma a questo punto la campagna elettorale non la guida lui, l’ha presa in mano Berlusconi e puoi solo andargli dietro». Sostiene Silvio Sircana, portavoce di Romano Prodi nella campagna del 2006, vittoriosa per un soffio: « Col vantaggio che aveva, il Pd avrebbe potuto fare la sua campagna a testa alta, senza curarsi degli altri. E invece si è scelta la strada del gioco di rimessa, ma vivendo di rendita e rinunciando ad un messaggio emozionale-sentimentale, si rischia».

Nella memoria dei capi del Pd ci sono almeno due campagne elettorali con Berlusconi in campo, che dovrebbe essere impossibile dimenticare: quella del 1994, quando Achille Occhetto, forte delle vittorie in grandi città e di sondaggi incoraggianti, coniò baldanzosamente la «gioiosa macchina da guerra», ma poi fu nettamente sconfitto. Quella più recente, del 2006, quando a tre mesi dalle elezioni i principali istituto di sondaggio concordavano nell’accreditare l’Unione di Prodi di 5-6 punti di vantaggio che parevano quasi incolmabili. In quella occasione però Berlusconi fu protagonista di una grande rimonta, grazie a due «numeri»: lo show alla Convention di Confindustria a Vicenza dove prese di mira gli «imprenditori di sinistra», i grandi quotidiani, il «pessimismo dilagante»; il secondo show arrivò in coda al secondo dei match televisivi con un Romano Prodi fino a quel punto giudicato molto efficace dagli osservatori ma che fu colpito al cuore dalla inattesa promessa berlusconiana di togliere l’Imu.

Un precedente, assieme a tanti altri, che avrebbe dovuto «vaccinare» la sinistra e spiazzarla un po’ meno di quanto non appaia in queste ore? «Una cosa è certa - dice Roberto Weber, leader di Swg, uno dei più accreditati istituti di sondaggi - la sinistra invece di demonizzarlo, dovrebbe studiarlo bene Berlusconi». Un modo soft per dire che dopo 20 anni e tre sconfitte, la sinistra ancora non conosce il Cavaliere, o quanto meno non ha imparato a contrastarlo? «Vogliamo dirla tutta? Il punto non è Berlusconi è la sinistra» sostiene ancora Velardi, anni fa autore di un libro importante, «L’anno che doveva cambiare l’Italia», che raccontò le elezioni del 2006. E spiega: «Berlusconi sta messo peggio che nel 2006, è una statua di cera che si porta dietro la storia delle Olgettine e le tante sconfitte. La sua credibilità è scesa da tempo, ma nel frattempo non è aumentata la credibilità della sinistra. Il Pd alla fine vincerà ma con un margine ristretto e questo perché si è presentato con un profilo vecchio e con un messaggio dai toni talmente dimessi che oramai è impossibile cambiare: Bersani ha puntato da anni su questo profilo».

Sul breve come reagire alla sortita berlusconiana? Come neutralizzarla? «Io - dice Giulio Santagata, responsabile della campagna dell’Unione del 2006 - non avrei fatto prendere a Berlusconi lo spazio che ha preso, ma a questo punto va fatta un’operazione-verità, con tanto di date. Le promesse del passato, o non le ha mantenute. O quando le ha mantenute, sono state un disastro, non stavano in piedi. Si può sintetizzare così: l’abolizione integrale dell’Ici l’abbiamo pagata con l’Imu». Sostiene Weber: «Due strade: puntare sulla ragionevolezza e rimotivare al massimo il proprio elettorato». Ma alla fine, dopo il rientro definitivo in campo di Berlusconi, uno come Velardi che conosce la forma mentis dei capi del Pd non ha dubbi: «Per negarla o per contrastarla, per 20 giorni si parlerà di Imu e al Pd non resterà che tornare a demonizzare il pericolo di Berlusconi per recuperare qualche voto».

fabio martini

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