Italia
Lo scontro sui costi della politica che si annuncia al calor bianco oggi alla Camera - con i 5 stelle che hanno organizzato una manifestazione in piazza Montecitorio e Grillo che si prepara a dar spettacolo dalla tribuna del pubblico - contiene una novità, segno dei tempi. La partita tra M5s e Pd, destinata a chiudersi subito perché la maggioranza punta a riportare il testo in commissione, si giocherà, non sul tagliare o no le indennità dei deputati, ma sul modo di ridurle.
L’idea che l’indennità possa essere difesa, in nome del fatto che garantisce la presenza in Parlamento anche a chi in partenza non ha mezzi sufficienti per permetterselo, non fa più parte della realtà. Tutti o quasi i partiti, compreso il Pd, hanno sposato l’atteggiamento populista che prevede che i parlamentari siano più o meno una casta da tosare, privandola dei privilegi goduti finora e costringendola ad accettare paghe ridotte, prendere o lasciare.
In particolare il dibattito di oggi, intrecciandosi con l’ultima parte sanguinosa della campagna referendaria, punta a dimostrare, almeno nelle intenzioni dei 5 stelle e della sinistra radicale, che Renzi e il Pd, strozzando la discussione e riportando il testo in commissione, non abbiano in realtà alcuna intenzione di procedere al taglio delle indennità, che porterebbe risparmi di spese pubbliche maggiori di quelli previsti con il ridimensionamento del Senato. È la ragione per cui il premier s’è detto favorevole al taglio e ha proposto un meccanismo legato all’effettiva presenza in aula, portando ad esempio Luigi Di Maio che avrebbe partecipato solo al 37 per cento delle sedute. Di Maio per tutta risposta lo ha sfidato a presentarsi in aula.
Naturalmente, gettare nella fucina della propaganda argomenti così delicati non contribuisce a trovare soluzioni adeguate. Nelle ultime occasioni in cui si è discusso di stipendi dei deputati e dei senatori, il confronto s’è avvitato in una gara a chi cercava di interpretare con più durezza i sentimenti anti-casta degli elettori. Con il risultato che l’indennità dei parlamentari è stata tagliata di quasi cinquemila euro al mese, ma nel contempo è scesa anche la qualità della composizione del Parlamento, perché, al di là degli ex-disoccupati, fortemente rappresentati nei gruppi 5 stelle, e di politici di professione ed ex-sindacalisti, più frequenti all’interno della sinistra radicale, non sono in tanti quelli disposti ad andare in Parlamento per prendere insulti e vedersi periodicamente additati come sfaccendati super pagati.
Marcello
Sorgi