Corriere della sera
di Aldo Cazzullo
C’è qualcosa di irritante nella sicumera con cui i politici assolti per gli scontrini tornano alla ribalta. Hanno subìto un danno: questo va riconosciuto. Ma il loro comportamento, se non rappresenta un reato, resta censurabile. Cota ha fatto shopping in America con denaro pubblico, come ha ammesso anche nella tracotante intervista di sabato scorso alla Stampa. E Marino offriva la cena di santo Stefano al ristorante con la carta di credito del Comune confermando di avere un rapporto complicato con le note spese. C’è di peggio? È vero. E il peggio è che Marino è stato un pessimo sindaco di Roma; altrimenti i romani non avrebbero plebiscitato con oltre il 67% una candidata inesperta come purtroppo si è confermata Virginia Raggi. Così come Cota non è stato un buon presidente del Piemonte. Va ricordato che dovette lasciare il suo posto non per gli scontrini, ma perché la magistratura accertò che la lista Pensionati per Cota, determinante per la sua vittoria, era stata presentata con firme false.
Il problema non sono soltanto figure che sarebbero pure marginali, se non fosse per i danni combinati. È che dieci anni di polemiche — non sempre populiste, anzi spesso documentate — contro la casta sono serviti a poco. I politici non hanno capito, o fingono di non capire, che quando si ha il privilegio di assegnarsi da sé il proprio stipendio e di disporre del denaro dei contribuenti occorrono cura, prudenza, pudore; a maggior ragione nel tempo in cui il Paese bruciava un milione di posti di lavoro e il 25% di produzione industriale; e in cui si apprende che il vitalizio di Cesare Previti e di altri condannati in via definitiva tornerà a confortarli non appena avranno la riabilitazione.