ebook di Fulvio Romano

lunedì 4 febbraio 2013

5 livelli di governo e di spesa, 500 mila bancomat pubblici usati dalla politica, le Regioni che spendono e spandono...

... Non si può continuare così... Cominciamo con il togliere la capacità di spe sa alle Regioni! Leggete il pezzo di Antonello Caporale de Il Fatto Quotidiano


Se la sinistra facesse il suo mestiere immaginerebbe di riscaldare i cuori e la testa dei propri elettori, dare un senso profondo alla scelta di chiudere il capitolo del berlusconismo senza più rispondere alle beffe che il Cavaliere ma avanzando per la propria strada.

Se il Pd facesse il suo mestiere direbbe a noi italiani che la spesa pubblica ha raggiunto un livello stratosferico, circa 800 miliardi di euro, e continua a galoppare, anno dopo anno. E non c’è tassa, sovrattassa, Imu o altra patrimoniale che riuscirà mai a tenergli testa. L’Italia è una famiglia che spende ogni mese più del triplo di quel che incassa, e cumula debiti e a stento ripaga gli interessi senza riuscire a scalfire il capitale che comunque dovrà restituire.

Se avessimo testa e cuore, se il Pd parlasse a noi con la voce sincera, magari aspra, di un padre di famiglia ci direbbe: ragazzi così non si può andare avanti. Per ridurre la spesa bisogna non solo razionalizzarla, renderla più economica ma avanzare con le forbici. Se Bersani un giorno ci dicesse: non è concepibile che esistano cinque funzioni di governo sovrapposte. l’Europa che legifera, il governo nazionale che produce altre leggi, le Regioni che aumentano burocrazia e produzione legislativa, poi le Province e infine i Comuni. Cinque livelli di governo significa cinque livelli di spesa, a volte parallela, tecnicamente ingovernabile. Se Bersani ci dicesse: ragazzi, dobbiamo tagliare i cinquecentomila bancomat pubblici che ci stanno dissanguando. Sono troppi i ruoli di governo e sottogoverno: in cinquecentomila (cifra stimata per difetto) vivono direttamente di politica esercitando chi più degnamente (e sono in pochi) chi meno (e sono in tanti) funzioni pubbliche.

Scremare, snellire, ridurre i rubinetti di spesa significa ridurre non solo la spesa ma aumentarne l’efficacia, il valore, la qualità. Il vero letamaio, storicamente documentato, sono le regioni, non le province. Luoghi in cui un grumo di interessi innominabili e di personalità di secondo piano hanno scandalosamente disegnato un potere parallelo a quello centrale. Non c’è regione che abbia dato buona prova di sé, e le competenze ad essa affidate sono ora oggetto di una tremenda bancarotta. Se la sanità è nello Stato in cui si trova, a chi si deve? E la gestione delle energie rinnovabili, altro scandalo taciuto? E la gestione del ciclo dei rifiuti? La fiorente industria della munnezza? E la vergogna dei fondi comunitari non utilizzati? Le regioni sono il luogo eletto dello spreco e dello scandalo, è la seconda classe della politica che gestisce senza controllo: abbiamo affidato ai Fiorito la nostra salute, la cura dell’ambiente, la gestione dei servizi alla persona, lo stato delle acque, la tutela del paesaggio.

Se la sinistra facesse il suo mestiere toglierebbe alle regioni ogni forma di spesa, magari distribuendo ai livelli di governo più vicini ai cittadini (province e comuni) competenze, definendo e separando attentamente materie e responsabilità, creando un ufficio, obbligatorio per tutti, del rendiconto, come negli Usa. Accountability si chiama lì. Rendimi conto ogni anno di cosa hai speso, e come, e dove. Ogni anno, e pubblicamente. E se ci fosse una sinistra ci direbbe che non è concepibile che ogni campanile abbia un municipio, un ufficio tecnico, la ragioneria generale. Al di sotto dei cinquemila abitanti l’unione dei comuni sarebbe obbligatoria almeno nell’accorpamento delle funzioni orizzontali (ragioneria, ufficio tecnico e tutti gli altri servizi erogati: mense, raccolta rifiuti, gas e luce, gestione dei siti monumentali, etc). Meno uffici, meno costi, più competenze.

Ridurre le funzioni di governo significherebbe ridurre le poltrone e i bancomat distribuiti oggi nelle mani di chissà chi. Significherebbe alimentare una selezione più virtuosa, far crescere le competenze tagliando i luoghi oscuri e immobili della mediocrità e dello spreco.

La sinistra dovrebbe dirci di non aver paura del futuro e comunicarci – ecco lo choc – che la felicità è l’unica giusta causa della nostra vita e bisogna scriverla nella Costituzione.