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Arricchita, si fa per dire, dall’ultima polemica di Salvini contro lo scrittore antimafia Saviano, che ha ricevuto larga solidarietà, ma ha offerto involontariamente al leader leghista una nuova tribuna mediatica, la campagna elettorale più lunga della recente storia repubblicana forse si avvia a conclusione con i ballottaggi di domenica. Il forse è d’obbligo, dato che i nuovi protagonisti del quadro politico completamente mutato della Terza Repubblica hanno fin qui dimostrato un’assoluta bulimia di voti. Non gli è bastato vincere il 4 marzo- sia pure senza conquistare una maggioranza autonoma e dovendo ricorrere alla loro inedita alleanza -; né riuscire, tre mesi dopo, ad approdare al governo; né ricevere nel frattempo conferme da tutte le consultazioni parziali, sebbene i risultati siano sempre stati più favorevoli a Salvini e al centrodestra che non a Di Maio e ai 5 stelle.
Ed è proprio per questo che anche questa vigila del 24 giugno ha via via acquisito un peso certamente superiore all’effettiva posta in gioco. Perché si tratta di vedere se dopo la mezza frana dell’Emilia-Romagna, la regione rossa per eccellenza, e dopo quella di Terni in Umbria, il terzo possibile smottamento annunciato di un’area un tempo a eterno radicamento d centrosinistra come la Toscana avverrà, e se sarà ancora in direzione del centrodestra o dei pentastellati. Oppure, non si può escludere dato ciò che è avvenuto al primo turno, il Pd a dispetto di ogni pessimistica previsione riesca a recuperare.
Da questo punto di vista la polemica di Salvini con Saviano - che il leader leghista ha costruito con l’obiettivo esplicito di sollevare un pezzo di opinione pubblica di sinistra per mobilitare contemporaneamente la propria - qualche sorpresa, almeno in fatto di mobilitazione di un elettorato stanco e portato all’astensione in una domenica di caldo estivo, potrebbe portarla. Non solò perché, diversamente da quel che dice Salvini, la lotta contro la mafia si fa anche con le parole. Ma anche perché i 5 stelle sono impediti dal cavalcarla, in forza dei loro impegni di governo con la Lega, e la “provocazione” del ministro dell’Interno in un largo pezzo di società civile potrebbe produrre l’effetto opposto.
Marcello sorgi