ebook di Fulvio Romano

domenica 3 febbraio 2013

Leggetevi questo articolo de La Stampa prima di sentire l'ultima balla di B.

da LA STAMPAweb di oggi

Italia
Un taglio delle tasse impossibile e promesso per quasi vent’anni
La prima volta con la discesa in campo nel 1994


Qualche ipotesi sulla gran carta elettorale di Silvio Berlusconi circola da un paio di giorni, o di decenni, dipende dalla prospettiva: riduzione delle aliquote al 35 per cento o, chissà, direttamente la polverizzazione di Equitalia. Pochi giorni fa la prima traccia: «C’è un modo molto semplice per ridurre le tasse: abbassare le spese». Dichiarazione al magazine free press Pocket . E a Radio Anch’io , il 16 gennaio: «Il Pdl vuole tagliare la pressione fiscale di un punto all’anno per i prossimi cinque anni». Un convincimento antico e un jolly stupefacente, e sono trascorsi diciannove anni e un mese dalla prima volta in cui fu calato. 3 gennaio 1994: «Serve un tetto fiscale da inserire in Costituzione». Ancora lui, nel dettaglio, 8 marzo: «Se davvero vogliamo combattere l’elusione e l’evasione dobbiamo renderle meno convenienti, il che impone la rinunzia ad aliquote eccessivamente punitive. Noi abbiamo indicato nel 30 per cento il valore accettabile». Seguono dettagli sull’«Iva ridotta a due tre settori», su «detrazioni fiscali in funzione del numero dei familiari» e comunque «alle famiglie più povere».

La questione scompare, forse perché il primo governo Berlusconi dura pochi mesi. Ma rispunta nella campagna elettorale successiva. 25 marzo ’96, Tax Day a Milano: «Ci vuole un’aliquota media del 30 per cento. Ognuno di noi è disposto a pagare il 33 per cento di ciò che guadagna. È una regola che definirei quasi naturale». Propone l’«abolizione dello scontrino fiscale». Perde le elezioni, ma nel maggio del ’99 indice un secondo Tax Day per rilanciare «la riforma copernicana del fisco». Il 26 febbraio del 2000, al Professional Day, altri particolari: «Un’area di esenzione totale per le famiglie più povere, con redditi fino a 20 milioni, una aliquota del 23 per cento per i redditi fino a 200 milioni ed un’altra, unica, per i redditi superiori ai 200 milioni». Un anno dopo a Primo Piano, Tg3, precisa il «traguardo: un prelievo pari al 33-34-35 per cento». Vince coi manifesti «Meno tasse per tutti». A giugno conferma la riduzione ma «con gradualità». A settembre segnala che «la pressione fiscale cala dal 42.2 al 41.9 per cento». Nel maggio del 2002 annuncia che «dal 2003 andranno giù sia Irpef che Irpeg». Il 30 settembre, presentando la Finanziaria, è più generico: «La pressione fiscale sarà ridotta di un punto», però «entro il 2006» ci saranno «due sole aliquote, al 23 e 33 per cento». Alla vigilia di Natale dichiara la riforma «difficile ma ho speranza». Non succede nulla fino al febbraio 2004, quando specifica che «ci vorranno una o due legislature». I sondaggi vanno giù. Ad aprile rilancia: «La maggior parte dei cittadini ricadrà sotto l’aliquota del 23 per cento». Il 5 maggio assicura che la riduzione delle aliquote sarà varata «nei prossimi giorni in consiglio dei ministri». Il 18 maggio rivede i tempi: «Attueremo al riduzione delle aliquote dopo le Europee (13 giugno, ndr)». Si arriva al 22 di ottobre: «Come sapete le aliquote fiscali si ridurranno a tre: 23, 33 e 39 oppure 42 per cento». Si fa tutto a gennaio, garantisce. Il 10 novembre ri-rinvia la riforma al 2006 perché «non ho il 51 per cento della coalizione». Si sono opposti Gianfranco Fini e Pier Ferdinando Casini. Il giorno dopo la «colpa è del debito». Il 22 novembre «la copertura per la riduzione fiscale c’è», scrive sul Foglio. Il 25 conferma che le aliquote saranno tre, «al 23, 33 e 39 per cento». Si faranno ritocchi minimi. Nel dicembre 2005, Berlusconi è sconsolato: «La riduzione delle tasse c’è stata ma non quanto era nelle nostre speranze».

Comincia una nuova campagna elettorale all’attacco della sinistra che «vuole aumentare le tasse». Perde. Nel 2008 sfida Walter Veltroni. Il 15 marzo spiega che servirebbe «una rivoluzione totale del nostro sistema fiscale». Il 28 marzo dice di «un traguardo che vorremmo raggiungere: l’aliquota massima al 33 per cento». Il 31 marzo il traguardo «è possibilissimo». Il 6 aprile riconsidera l’obiettivo: «Vogliamo far scendere la pressione fiscale sotto il 40 per cento e poi di portare l’aliquota massima al 33». Vince. Il 1° ottobre fissa nel 2011 l’anno in cui ci sarà «un 10 per cento di tasse in meno». Non se ne parla più fino al gennaio 2010: la riforma fiscale «si può fare entro l’anno». Il 13 gennaio aggiusta: «Spero possa essere sufficiente un anno, ma è un lavoro improbo». Il 12 marzo 2011 «ci stiamo lavorando». Il 12 maggio la crisi «impedisce la riduzione». Il 19 dello stesso mese è sicuro di «abbattere le aliquote fiscali, come era nel nostro programma del ’94». Il 21 giugno esulta: «Ridisegneremo l’impianto delle aliquote, saranno solo tre rispetto alle attuali cinque, e più basse». È un’estate difficile, di ritocchi ai conti, manovre correttive una dietro l’altra. A novembre, Berlusconi lascia a Mario Monti.

2 gennaio 2013, a SkyTg24: «Abbassare la pressione fiscale al 33 per cento? Non l’ho mai promesso, assolutamente. Anche perché è impossibile».

mattia feltri

torna all'elenco degli articoli
Copyright 2013 La Stampa