Italia
Liguria, l’effetto-Pastorino non è stato decisivo
Secondo i flussi elettorali , metà dei voti persi dal Pd è finita nell’astensione. Il civatiano ha rubato parecchi consensi al M5S
De Luca spinto dagli ex forzisti. In Veneto Zaia “cannibalizza” la sua Lega e il partito di Salvini non decolla a Sud
De Luca spinto dagli ex forzisti. In Veneto Zaia “cannibalizza” la sua Lega e
Quanto ha inciso la candidatura di Luca Pastorino in Puglia nella sconfitta di Raffaella Paita? Pochissimo. Quanti elettori veneti sono passati dal Pd al centrodestra nel giro di un anno? Tanti. Dove è finita la metà degli elettori che nel 2014 aveva votato M5S in Campania? Non è andata a votare. Quanti voti ha rubato a Forza Italia il candidato di Fitto in Puglia? Meno del previsto. Pur trattandosi di elezioni diverse, l’analisi dei flussi di voto con le Europee del 2014 nelle sette regioni andate al voto domenica - realizzata dall’istituto Swg - restituisce interessanti spunti.
La clamorosa, ma non troppo, sconfitta della Paita in Liguria non può essere giustificata solo con la candidatura di Pastorino. Per due motivi. Primo: il 50% dei voti persi dai dem è finito nell’astensione, mentre solo un terzo è andato al candidato civatiano e il resto ha scelto M5S o addirittura Lega. Secondo: una grande fetta (2,9% su un totale di 3,7%) dei voti persi dal M5S è andata proprio a Pastorino (il resto alla Lega Nord).
Ovunque, il paragone con il voto del 2014 è impietoso per il Pd. L’effetto-Renzi è infatti svanito e nessun candidato governatore è riuscito a cavalcarlo. Lo stesso Emiliano, che ha avuto un buon risultato a livello personale, non ha compensato il calo di voti del partito. Ma il caso più emblematico è il Veneto, la regione che un anno fa sembrava essersi innamorata del premier. Evidentemente era solo una sbandata, perché molti di quegli elettori hanno votato - anzi, sono tornati a votare - per il centrodestra. In un anno il Pd ha perso il consenso di 591.781 veneti, meno 16 punti percentuali. Quasi la metà, ha scelto di non votare. Altrettanti hanno optato per i due candidati del centrodestra: Luca Zaia, soprattutto, ma anche Flavio Tosi. Un quinto ha votato M5S.
Le critiche alla giunta uscente guidata da Caldoro, il caso rifiuti, la questione morale con De Luca: per il M5S c’erano tutte le premesse per ottenere un buon risultato in Campania. Eppure Valeria Ciarambino si è fermata al 17%. In un anno i grillini campani hanno perso più di cinque punti percentuali. Vero, ne hanno «soffiati» parecchi al Pd (circa il 4,6%), ma circa il 12,4% (più della metà dei voti delle Europee) quest’anno non è andato a votare. I flussi dimostrano poi che De Luca ha portato via parecchi voti (più di un punto percentuale) anche a Forza Italia.
Interessante poi l’analisi del voto leghista. Un successo, secondo tutte le analisi. E a prima vista non potrebbe essere diversamente. Ma ci sono tre aspetti su cui riflettere. L’espansione al Centro è sicuramente il dato più rilevante. In Toscana, Marche e Umbria il Carroccio ha prosciugato i concorrenti del centrodestra, ma ha anche rubato molti voti ai Cinque Stelle, conquistando il voto di protesta (più di lotta che di governo). Altro dato: in Veneto, rispetto alle Regionali del 2010, la lista della Lega ha dimezzato i voti, sia in valore assoluto che in percentuale (dal 35% è scesa al 17%). Questo perché la lista Zaia ha fatto il botto (23%). Molti elettori leghisti - o comunque ex elettori leghisti, di area moderata - non hanno messo la loro croce sul simbolo del Carroccio, su cui c’era il nome di Salvini, preferendogli quello di Zaia. Infine, lo sbarco a Sud: in Campania la lista Noi Con Salvini non c’era, l’unico dato disponibile è quello in Puglia. Il partito del segretario leghista ha preso il 2,2%. Troppo poco per chi ambisce a diventare il leader dell’intero centrodestra a livello nazionale.
Marco Bresolin