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Più ricchi che Rai
Se il teatrino di questi mesi è diventato quanto guadagniamo, io tolgo il disturbo, ha detto pochi giorni fa Fabio Fazio. È probabile che ora il teatrino diventi quanto guadagnerà. Ieri gli è stato rinnovato il contratto: quadriennale a 2 milioni e 800 mila euro l’anno. Un milione in più di prima. Complimenti e auguri. Anche perché la faccenda è già stata buttata in politica: per Maurizio Gasparri è il premio milionario al miglior valletto della sinistra, per il renziano Michele Anzaldi è uno schiaffo ai poveri e al Parlamento. È davvero interessante il diffondersi del contagio per cui la lotta alla povertà passa dalla riduzione degli stipendi, ma su un punto Anzaldi ha ragione: il Parlamento aveva deliberato il tetto dei compensi a 240 mila euro, cifra a cui si è adeguato anche il presidente della Repubblica. La Rai invece no. E con questa bizzarra formulazione: sfonderà il tetto chi «offre intrattenimento generalista» o «crea o aggiunge valore editoriale in termini di elaborazione del racconto nelle sue diverse declinazioni». A parte la prosa, da taglio immediato del mensile, la frase non vuol dire niente, quindi vuol dire tutto. E chiunque potrà avere ingaggio eccezionale. E discende da una considerazione: la Rai, per essere competitiva sul mercato, deve pagare i fuoriclasse. Vero. Ma qui sta il problema. O la Rai è sul mercato, e allora non prende il canone. O la Rai è servizio pubblico, e allora non deve competere. La via di mezzo non è uno schiaffo alla povertà né al Parlamento: è una presa per i fondelli.
Mattia Feltri