L'occupazione cala secondo i dati ultimi, specie tra i giovani... Secondo il Chicco de La7 non è ora di dire che il Jobs Act non è servito ad un tubo.. Non è ora di dire che il demagogo fiorentino non ha né statura né capacità politiche e personali per affrontare questa situazione, che invece di abolire il Senato era meglio ridurre del 60% deputati e senatori, che invece di andare a fare il bébé prodige dalla Merkel per strapparne un sorrisetto condiscendente meglio sarebbe fare finalmente i nostri interessi nazionali ( etc etc...) No! Per il Chicco de La7 sarebbe l'ora della solidarietà generazionale!!! E cioé, nella Vulgata Boeriana, fare una bella Cassa del Mezzogiorno ( pardon: dei Giovani) a spese dei pensionati.... Facile fare o furbi così...!!! Con i soldi degli altri...!
venerdì 31 luglio 2015
L'ONU: Italiani in via di estinzione... Popolazione stabile grazie agli immigrati.
Economia
L’Onu: più morti che nascite
Gli italiani in via di estinzione
La popolazione rimane stabile solo grazie agli immigrati
La popolazione rimane stabile solo grazie agli immigrati
Gli italiani sono un gruppo etnico in via di estinzione. Non spariremo domani, ma spariremo, se le tendenze individuate dalla Population Division del Department of Economic and Social Affairs dell’Onu non verrano invertite. E non c’è ragione per sperare che questo avvenga, perché il rapporto fra nascite e decessi nel nostro Paese è negativo dal 1990, e nel 2015 ha raggiunto il livello più basso, cioè - 1,1%. Il tasso di fertilità resta sotto il livello necessario a rimpiazzare la popolazione attuale, e la nostra età media è fra le più alte tra i Paesi sviluppati, con tutti i problemi che questo comporta per la sostenibilità del sistema previdenziale.
Il Palazzo di Vetro ha appena pubblicato il rapporto «World Population Prospect: The 2015 Revision», ossia la revisione aggiornata delle previsioni per la crescita della popolazione. Gli esseri umani diventeranno 9,7 miliardi entro il 2050, e 11,2 miliardi entro la fine del secolo in corso. Nei prossimi 35 anni la crescita sarà concentrata in nove Paesi: India, che nel 2022 scavalcherà la Cina come nazione più popolosa, Nigeria, Pakistan, Repubblica democratica del Congo, Etiopia, Tanzania, Usa, Indonesia e Uganda. Tra il 2015 e il 2050, oltre la metà della crescita della popolazione mondiale avverrà in Africa, dove in pratica raddoppierà.
L’Europa, invece, è il continente che sta invecchiando con più rapidità: nel 2050 il 34% dei suoi abitanti, ossia più di un terzo, sarà oltre la soglia dei sessant’anni d’età. Non serve un genio della matematica per capire al volo che in queste condizioni i nostri sistemi assistenziali, le pensioni, la sanità, saranno insostenibili. E la nostra forza lavoro è destinata a precipitare, a meno di rispondere al calo delle nascite accettando abbastanza immigrati per riempire il vuoto delle culle.
In questa situazione generalmente preoccupante per l’Europa, quella dell’Italia comincia ad essere drammatica. La nostra popolazione è ferma: 59,771 milioni nel 2013, 59,789 nel 2014, 59,798 nel 2015. Variazioni insignificanti. In totale, un incremento secco dello 0,07%.
Le prospettive diventano ancora peggiori, se consideriamo i dati più specifici ed eloquenti. Ad esempio la «rate of natural increase», che significa il rapporto fra le nascite e i decessi, e quindi è il vero indicatore delle prospettive future del Paese. In Italia questo dato è negativo dal 1990, ma nel 2015 ha raggiunto il valore peggiore di sempre, cioè -1,1. In altre parole, i decessi diventano sempre più delle nascite, e anche qui non serve un genio per capire cosa voglia dire questo dato per una nazione. La nostra età media è salita a 45,9 anni, e fra i Paesi più sviluppati peggio di noi ci sono solo il Giappone, con 46,5, e la Germania, con 46,2.
Davanti a questi numeri, diventa inevitabile chiedersi di cosa parliamo, quando facciamo polemiche sull’immigrazione. Chi pagherà le tasse, le pensioni, la sanità, i servizi, se continuiamo ad invecchiare così? E chi continuerà a fare almeno il lavoro che svolgiamo oggi ogni giorno, se gli italiani che muoiono saranno sempre più di quelli che nascono?
paolo mastrolilli
giovedì 30 luglio 2015
Le massime aumentano a Cuneo 34,1º (!), Vercelli e Novara. Arrivano le nuvole
Temperature osservate
Capoluogo | Minima (°C) 28/07/2015 | Massima (°C) 28/07/2015 | Minima (°C) 29/07/2015 | Massima (°C) 29/07/2015 | Grafico |
---|---|---|---|---|---|
TORINO | 19,4 | 36,0 | 19,9 | 35,0 | vai |
BIELLA | 20,8 | 31,3 | 21,4 | 30,3 | vai |
VERCELLI | 19,1 | 32,8 | 19,5 | 33,2 | vai |
NOVARA | 21,0 | 31,6 | 20,3 | 31,9 | vai |
VERBANIA | 19,4 | 32,4 | 21,6 | 29,4 | vai |
CUNEO | 19,3 | 31,5 | 15,9 | 34,1 | vai |
ASTI | 18,6 | 32,3 | 19,8 | 31,6 | vai |
ALESSANDRIA | 18,6 | 34,1 | 19,2 | 33,7 | vai |
martedì 28 luglio 2015
Piemonte, massime in lieve calo, tra 30,1 e 35,4 gradi..
Temperature osservate
Capoluogo | Minima (°C) 27/07/2015 | Massima (°C) 27/07/2015 | Minima (°C) 28/07/2015 | Massima (°C) 28/07/2015 | Grafico |
---|---|---|---|---|---|
TORINO | 18,0 | 36,7 | 19,4 | 35,4 | vai |
BIELLA | 19,6 | 32,2 | 21,2 | 30,8 | vai |
VERCELLI | 18,2 | 32,3 | 19,2 | 32,4 | vai |
NOVARA | 20,7 | 33,0 | 21,0 | 30,1 | vai |
VERBANIA | 20,2 | 33,0 | 19,5 | 31,3 | vai |
CUNEO | 16,9 | 32,3 | 19,4 | 31,5 | vai |
ASTI | 17,6 | 33,3 | 18,7 | 32,1 | vai |
ALESSANDRIA | 19,2 | 35,1 | 18,6 | 32,7 | vai |
lunedì 27 luglio 2015
Piemonte: risalgono le massime ( tra 30,7 e 35,8)
Temperature osservate
Capoluogo | Minima (°C) 26/07/2015 | Massima (°C) 26/07/2015 | Minima (°C) 27/07/2015 | Massima (°C) 27/07/2015 | Grafico |
---|---|---|---|---|---|
TORINO | 16,8 | 35,4 | 18,0 | 35,8 | vai |
BIELLA | 19,8 | 30,7 | 19,7 | 30,8 | vai |
VERCELLI | 17,0 | 30,7 | 18,3 | 32,3 | vai |
NOVARA | 22,0 | 30,5 | 21,1 | 30,7 | vai |
VERBANIA | 18,3 | 31,5 | 20,2 | 32,1 | vai |
CUNEO | 16,5 | 30,4 | 17,1 | 31,0 | vai |
ASTI | 20,2 | 32,0 | 17,7 | 33,0 | vai |
ALESSANDRIA | 19,8 | 32,3 | 19,2 | 34,4 | vai |
Martedì 28 luglio ore 20.45, Lingueglietta, una conferenza di Rino PAPONE ( da non perdere!)
Il tempo (La Stampa). Qualche pioggia e meno caldo da giovedì
Cuneo
Fulvio Romano
La civiltà dei campi da sempre auspica che le siccità di luglio (inevitabile cifra della stagione estiva) finiscano entro il 25-26, San Giacomo e Sant’Anna: «A San Giacô e Sant’ Ana la pieuva l’è tantô or e tanta mana». Una necessità di acqua, vera e propria «manna» per le colture, che quest’anno preme, dopo un mese non solo torrido per le temperature da record, ma anche siccitoso, quasi come gli aridi luglio del 2007 e del 2010. I livelli dei fiumi del Nord Ovest sono decisamente sottotono, in alcuni casi con portate ridotte a un terzo della norma, a causa dei flussi idrici in forte diminuzione per gli alti valori termici che ormai da settimane arrivano fino ad oltre i 4000 mt di quota.
Inevitabile quindi commentare con favore le attuali previsioni dei modelli meteo che pronosticano da giovedì (e poi nei due giorni successivi) l’arrivo di piogge, deboli ma comunque benefiche, che potranno ridare un po’ di acqua e di respiro all’agricoltura, che comincia a patire gli effetti della siccità. Fino a mercoledì le temperature si manterranno alte, ma da metà settimana sarà l’Atlantico a rifarsi vivo, interrompendo il dominio dell’anticiclone Africano e confermando quei primi sconfinamenti al di qua delle Alpi che già nel fine settimana hanno calmierato le temperature e abbattuto l’umidità.
Fulvio
Romano
Piemonte, minime in ripresa (tra 17 e 21 gradi) dopo il crollo di ieri mattina...
Temperature osservate
domenica 26 luglio 2015
Quell’incontro di civiltà tra Roma e i Celti della Padania
Cultura
Brescia, una mostra ripercorre la conquista del Nord Italia
che diventerà una delle province più vitali del futuro impero
Brescia, una mostra ripercorre la conquista del Nord Italia
che diventerà una delle province più vitali del futuro impero
Al centro della scena Edipo si dispera accanto a Giocasta in mezzo ai due figli morenti, Eteocle e Polinice, che si sono sfidati in un duello fratricida. Ai due lati, sui loro carri da guerra, Anfiarao e Adrasto, il primo trascinato agli inferi, il secondo in fuga, in un corteo di demoni e furie. In alto il gigante Capaneo, che in un plastico slancio di hýbris tenta la scalata alla mura della città. E tutt’intorno guerrieri armati di spada, elmo e scudo, alcuni all’attacco, altri feriti. È una scena dei Sette contro Tebe, ma allude a qualcos’altro. È rappresentata sul frontone di un antico tempio etrusco di Talamone, rifatto dai Romani nel II secolo a.C., nell’ambito della politica di penetrazione militare e culturale verso il Nord della Penisola: doveva celebrare la vittoriosa battaglia combattuta nella località della costa toscana alcuni decenni prima, nel 225, contro l’imponente coalizione celtica che si era radunata intorno ai Boi e agli Insubri, stanziati da un paio di secoli rispettivamente a Sud del Po, nell’attuale Emilia, e nella parte centro-occidentale della Lombardia.
Preoccupati dall’espansione territoriale romana, che tra l’altro li tagliava fuori dai contatti con Cartagine, presso la quale i loro soldati trovavano impiego come mercenari, i due popoli avevano messo insieme un esercito che secondo Polibio ammontava a 75 mila effettivi, con l’apporto dei Taurisci e dei Gesati transalpini. Con poco più di 40 mila uomini, tra i quali gli alleati italici, etruschi, veneti e celti cenomani, in virtù della loro superiore organizzazione militare i due eserciti consolari guidati da Gaio Atilio Regolo (caduto nella pugna) e Lucio Emilio Papo avevano avuto la meglio, ponendo fine dopo molti decenni al metus gallicus. E proprio ai due comandanti gesati, che secondo l’uso celtico combattevano sui carri - Aneroesto, suicida dopo la disfatta, e Concolitano, fuggiasco e catturato -, alludono le figure di Anfiarao e Adrasto rappresentate sul frontone fittile del tempio di Talamone (oggi perduto, scavato in due riprese tra l’Otto e il Novecento).
L’imponente reperto, in gran parte ricostruito, è tra i pezzi più spettacolari della mostra «Brixia. Roma e le genti del Po», curata da Luigi Malnati e Filli Rossi e allestita fino al 17 gennaio al Museo di Santa Giulia di Brescia (l’antica Brixia). Il sottotitolo parla significativamente di «incontro di culture», perché anche se la propaganda dell’Urbe etichettò i nemici celti come barbari (le due divinità venerate nel tempio di Talamone erano Apollo e Ercole, figure emblematiche della lotta della civiltà contro la barbarie), in quanto tali inevitabilmente inclini alla hýbris, a voler oltrepassare i limiti assegnati, tuttavia i rapporti con le popolazioni stanziate nella Valle Padana non furono unilateralmente di scontro. E soprattutto non si trattava davvero di barbari.
Eredi delle popolazioni locali a cui si erano sovrapposte tra la fine del V e gli inizi del IV secolo, le genti del Po avevano sviluppato una cultura complessa in cui gli elementi celtici si alternavano e spesso si mescolavano suggestivamente negli stessi oggetti con quelli etruschi, umbri e ellenistici, come è evidenziato in mostra nella sala preromana. Erano dotate di moneta e di scrittura, e nei corredi funerari delle élite politico-militari l’esaltazione della funzione guerriera si accompagnava alla valorizzazione del raggiunto livello culturale. I loro rapporti con Roma erano diversificati, dai più ostili (Boi e Insubri) agli alleati stabili (i Cenomani) agli incerti, internamente divisi (i Liguri), mentre i Veneti, con la loro cultura urbana evoluta e di antiche origini, si sentivano quasi parenti dei Latini, per via del mitico avo Antenore giunto da Troia come Enea. Anche la politica di Roma nei loro confronti, del resto, restò sempre ondivaga, oscillando tra le spinte aggressive sostenute dal partito popolare, in cerca di nuove terre da assegnare ad aspiranti coloni, o la collaborazione amichevole con i ceti dirigenti locali favorita dal partito senatorio. I rappresentanti delle due opposte tendenze, rispettivamente Gaio Mario e Marco Emilio Lepido, accolgono i visitatori all’inizio della mostra, insieme con i busti di altri protagonisti di questa storia lunga due secoli e mezzo, come Annibale e Scipione l’Africano.
di guerra e pace
Tutto era cominciato nel 295 a.C. nella piana di Sentino, nel cuore delle Marche, quando le legioni romane guidate da Manio Curio Dentato e Decio Mure avevano sconfitto l’armata numericamente quasi doppia di Sanniti, Galli senoni, Umbri e Etruschi condotta da Gello Egnatio, sancendo il controllo dell’Urbe su tutto il centro della penisola e aprendo la strada per l’espansione a Nord. E tutto si conclude nel 49 a.C., quando Giulio Cesare estende la cittadinanza romana ai popoli transpadani. In mezzo una vicenda tormentata di guerra e pace, con passaggi terribili come quello del 218, quando Annibale valica e Alpi e con l’appoggio dei soliti indomiti Boi e Insubri ottiene una serie di fulminee vittorie che per qualche anno mettono in ginocchio Roma.
La Repubblica deve farsi largo in un territorio sconosciuto e in gran parte selvaggio, ricoperto da foreste che nascondono insidie, di fronte a nemici ben armati, dai minacciosi elmi cornuti. Ma, a mano a mano che avanza, quel territorio si trasforma, le foreste sono sostituite da campi bonificati e razionalmente organizzati secondo il sistema della centuriazione, assumendo gradualmente la fisionomia riconoscibile ancora oggi. Le città di antica fondazione e le nuove colonie vengono dotate di imponenti mura difensive (ma anche emblematiche affermazioni di urbanitas), la pianta urbana ortogonale diventa un modello generalizzato che ha al centro il foro con il Capitolium (quello di Brescia, cuore del parco archeologico più esteso del Nord Italia, è stato arricchito proprio in occasione della mostra dall’apertura al pubblico della Quarta cella del tempio repubblicano, eretto tre secoli prima dell’attuale e splendidamente decorato), mentre le abitazioni private si conformano ai moduli delle domus romane ad atrio, con tanto di affreschi e mosaici. E di lì a poco dalle genti del Po usciranno nomi destinati a segnare la storia della letteratura latina - il mantovano Virgilio, il padovano Tito Livio, il sirmionese Catullo e gli altri poetae novi, avanguardia letteraria che dal Nord conquisterà l’Urbe.
La civiltà che sta nascendo, uscita da un crogiolo in cui l’elemento originale padano si è mescolato con l’eredità classica latina e greca e con le reminiscenze etrusche, farà della Cisalpina una delle province più ricche e vitali dell’impero. Lo scontro di civiltà, diventato incontro, darà i suoi frutti copiosi.
Maurizio Assalto