ebook di Fulvio Romano

martedì 12 febbraio 2013

Papa Ratzinger, l'Orso e Pietro da Morrone

.... E cioè le similitudini tra Celestino V (Pietro da Morrone) e papa Ratzinger...

Il profilo da eremita, l'incontro con l'Orso ( sia in Celestino che in Ratzinger: vedi il suo stemma), i motivi della rinuncia al papato ( la Curia irriformabile, la politica invasiva etc. etc. )
Auguriamo al coraggioso intellettuale (altro che "gran rifiuto" ! è una grande scelta) Ratzinger di poter avere una finis vitae migliore di quella del povero Pietro da Morrone ...


citiamo dal web (http://cronologia.leonardo.it/mondo39.htm) le seguenti interessanti righe sulla vita di Celestino V, il papa del "gran rifiuto"...


Pietro è un uomo taciturno, silenzioso e riservato che fugge, quando può, la rumorosa invadenza dei suoi simili. Nel 1246, proprio perché insofferente alla frequentazione dei fedeli, che diventano sempre più numerosi e petulanti, abbandona l’eremo di Segezzano per rifugiarsi nella vicina Maiella dove, sull’orrida parete dell’Orso, alla Ripa Rossa, trova un primo, inaccessibile rifugio.

Successivamente si sposterà in uno fra i più impervi dirupi di quelle montagne, chiamato S. Spirito, quel S. Spirito di Maiella dove poi sarà edificato il famoso monastero che fino al giugno del 1293 sarà Caput Congregationis. Resterà per lunghi anni sulla Maiella, sempre in fuga dalle fastidiose turbe di fedeli che insidiavano la sua solitudine, e sempre alla ricerca di nuove e più irraggiungibili caverne, invano sperando nella loro capacità dissuasiva, perché masse di pellegrini poveri, infermi e disperati, per trovare conforto alle loro sofferenze, lo raggiungeranno ovunque, anche quando troverà rifugio nei proibitivi antri di S. Bartolomeo di Legio e di S. Giovanni sull’Orfento. Qui, sui monti della Maiella, negli anni che vanno dal 1246 al 1293, si consolida definitivamente la sua fama di venerabile taumaturgo.

Fin da subito, però, la vittima sfuggì dalle loro mani, perché il nuovo Pontefice fu, di fatto, sequestrato dal re angioino, che ne fece un inconsapevole e prezioso strumento dei suoi maneggi politici.

Intorno a Celestino V, dal 29 agosto al 13 dicembre del 1294, pascoleranno faccendieri, maneggioni, affaristi, questuanti, trafficanti e "barattieri" d’ogni risma, che utilizzeranno il suo nome e le pergamene papali bollate in bianco, per concludere i loro turpi affari.

Costretto a lasciare l’Aquila per seguire il re a Napoli, Celestino comincia dapprima vagamente a meditare, nell’angusta cella che si era fatta costruire in Castel Nuovo, di deporre le insegne papali. Poi, quasi come folgorato da una rivelazione divina, comprende i motivi profondi del suo disagio: tramite la sua persona gli uomini che lo circondano stanno infangando l’onore e la dignità della "Sposa di Cristo" e questo per lui, che in altre questioni è mite e remissivo, è intollerabile.

E’ ormai vecchio, stanco, decrepito, consumato dagli acciacchi e da una vita fatta di stenti e di privazioni indicibili, ma trova il coraggio e la forza di opporsi a quello scempio.

Ergendosi come un guerriero in armi, ordinando a tutti di tacere, egli detta ed impone agli allibiti cardinali la sua rinuncia, incurante delle minacce del popolino napoletano che, sobillato dal re e forse anche da alcuni suoi discepoli, lo aggredisce devastando e saccheggiando la sua umile dimora. E’ il grande giorno. E’ il giorno del riscatto suo e delle Chiesa di Cristo. E’ il giorno in cui dimostra al mondo intero che in nome della fede si possono spostare anche le montagne. Come un gigante ferito, si ribella a quegli undici peccatori, li zittisce in nome di Dio e rinunzia (ecco perché non appartiene a Celestino V l’ombra di colui che fece per viltade il gran rifiuto, perché fu rinunzia , non rifiuto, e Dante conosceva benissimo la differenza fra i due termini !) a quell’incarico la cui ultima finalità era quella di dannare l’anima sua e di infangare il nome della Chiesa.