LORENZO BINI SMAGHI Le agenzie di rating ci hanno rimandato in attesa di avere più informazioni sulla manovra
Si sta ripetendo il 2011, la frenata dell’economia cominciò con la salita dello spread. E l’esecutivo non lo ha capito
“Deficit al 3% e rischio recessione
L’Italia corre diritta contro il muro”
«Rimandati a settembre, come si diceva una volta», concede Lorenzo Bini Smaghi quando si arriva alle agenzie di rating e alla valutazione della credibilità dell’Italia. «Vogliono evitare giudizi su fatti che non conoscono», aggiunge l’economista fiorentino, già membro dell’esecutivo Bce, oggi presidente di Société Genérale e di Italgas, che però un’idea precisa di come andranno le cose se l’è già fatta. Vede il deficit al 3% del pil per tre anni, una pericolosa stretta al credito, un rischio di recessione e un governo gialloverde che gli pare «un treno lanciato contro un muro». «Mi pare proprio un rinvio del giudizio in attesa di ulteriori informazioni - spiega -, con l’indicazione che probabilmente verrà cambiato. Non gli darei troppa importanza, non è così drammatico come si poteva pensare».
Intanto hanno riscritto lo scenario macroeconomico. Meno crescita e più deficit... «Non sono i soli. Anche l’Ufficio parlamentare del bilancio, il Fmi e la Commissione Ue lavorano su ipotesi non in linea col governo. Personalmente, trovo basso il 2,7% il rapporto deficit/pil, perché nella manovra ci sono misure di cui non conosciamo la portata, entrate ed uscite da verificare. Gli interessi sul debito saranno almeno 0,1-0,2 punti in più. Ci sono forti probabilità che il disavanzo superi il 3%. Per i prossimi tre anni». Davvero? «Nello schema del 2020 è previsto il ricorso alla clausola di salvaguardia. Ritengo improbabile che vogliano aumentare l’Iva». In questo quadro perché insistono sul “non si cambia”? «Siamo in una fase in cui è venuto meno il ruolo della politica, intesa come quella cosa che deve rendere compatibile desideri e promesse con la realtà, magari anche spalmandoli nel tempo. Oggi abbiamo due partiti che ragionano meccanicamente, come un treno che non può cambiare binari e va contro un muro. Manca la capacità di mediare». Il governo si fa forza perché «il popolo è con noi»... «Proprio perché si ha il 60 per cento del consenso non ha senso creare queste turbolenze coi mercati e coi nostri alleati europei. A meno che la visione non sia di brevissimo termine e si pensi a votare subito dopo aver massimizzato gli effetti della manovra. Oppure che trionfi l’incapacità di fare la politica vera esercitando l’arte del possibile». A chi giova attaccare Draghi? «Se chi investe in Italia vede che attaccano il guardiano della stabilità, penserà che non si voglia la stabilità. Non è positivo per il Paese e nemmeno per la manovra stessa». SuperMario “il salvatore” ora è “l’anti-italiano”. «Mannò. Cosa vuol dire? E’ europeo. Sarebbe meglio avere un tedesco? Così facendo si riduce ulteriormente la credibilità del Paese come è capitato quando la Lega dell’Europarlamento non ha votato per Enria alla Bce. Mi sembra che il governo si stia specializzando in autogol». Come è successo? «O è una ingenuità nata dall’incompetenza. Oppure c’è l’obiettivo deliberato di cercare lo scontro a tutti costi. Comunque due ipotesi che spaventano chi deve decidere se investire in Italia o meno». Cosa rischiano le banche? «La perdita di valore dei titoli di stato erode il capitale. Poiché esistono dei vincoli patrimoniali, gli istituti reagiscono riducendo il credito. Tagliano i prestiti e chiedono ai clienti di rientrare. Non sono le banche, ma il sistema economico a soffrire». Qual è il pericolo?«L’economia che rallenta e rischia di andare in recessione nel quarto trimestre. È capitato nel 2011: le banche hanno ridotto il credito già nell’estate, appena lo spread è salito. Il pil italiano è sceso dello 0,6 nel terzo trimestre e nel quarto dello 0,9. La caduta è cominciata per effetto dello spread, già prima di Monti. Il fenomeno si sta riproponendo. Il governo, che pure si circonda di pseudo economisti, non lo ha capito». A sentire il ministro Savona si ha l’impressione che vogliano ristrutturare il debito e farselo pagare dall’Europa. «Lui lo ha scritto e detto. E la reazione degli altri paesi è stata “non abbiamo voglia di pagare il debito italiano”, lo ha hanno detto in tanti, da Kurz all’Afd. Il problema non è Savona, ma chi lo fa parlare. Butta benzina sul fuoco, dovrebbero dirgli di smettere. Non ha una posizione di rilievo nella Lega o nel M5S. Però, essendo Tria in una fase di ripiego, chi cerca di comprendere cosa succede in Italia ascolta Savona, e forse sbaglia». Draghi voleva mediare.«Sì, ha tentato di diffondere ottimismo per un’intesa sulla manovra con la Commissione e gli hanno sparato verbalmente addosso. E’ come se cercassero un pretesto per andare al voto o per fare delle manovre straordinarie, dando la colpa agli altri. D’altra parte, l’ampio consenso dei cittadini dà al governo l’illusione di poter fare qualsiasi cosa». Per poi prendersela con la speculazione e Soros? «Se uno dice “ce ne freghiamo e andiamo avanti” non fa altro che spingere a speculare ancora di più contro il paese, nella convinzione che si stia andando contro il muro. Siamo un paese piccolo sul Mediterraneo che si sta isolando».Il consenso resta elevato, però. Come se lo spiega? «Perché l’impatto reale su cittadini ancora non c’è stato. Ci sono per ora delle avvisaglie. La recessione non è ancora iniziata. Torno al treno. Corre ad alta velocità, il muro ancora non si vede, ma se non si rallenta lo schianto sarà violento». BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI