ebook di Fulvio Romano

domenica 3 agosto 2014

Funghi e tartufi del Ponente ligure, una risorsa in più

LA STAMPA

Imperia

Funghi e tartufi

una risorsa in più

per il Ponente

Il progetto transfrontaliero Amycoforest ha individuato 200 siti

per la raccolta fra Pigna, Aquila, Borgomaro, Dolcedo, Rocchetta

Nell’anno più favorevole per la loro crescita, grazie alla grande quantità di piogge scesa anche in piena estate e seguita dal sole, il Ponente va alla riscoperta di funghi e i tartufi, come risorsa naturale e turistica. Lo fa con un progetto europeo Amycoforest che abbraccia le province di Imperia e Savona. In varie zone ai piedi delle Alpi liguri si lavora la valorizzazione di specie come i gialli cantarelli, conosciuti pure come finferli, o i marzuoli, fungo biancastro noto anche dome «dormiente» che predilige i boschi di abeti e faggi, ma «si adatta» anche sotto castagno o quercia. Senza dimenticare la produzione di tartufi, come il Tuber aestivum, chiamato «scorzone», il Tuber brumale o «invernale» e il pregiato Tuber melanosporum.

Il progetto, da poco concluso, ha individuato quasi 200 siti di raccolta di funghi fra le località di Testa d’Alpe nella Gola di Gouta a Pigna, Aquila d’Arroscia, Borgomaro, Dolcedo e Rocchetta Nervina. L’obiettivo era quello di promuovere lo sviluppo di una selvicoltura favorevole alla produzione fungina, mettendo a punto modelli selvicolturali condivisi, mirati ad aumentare la produttività di funghi e tartufi in bosco, salvaguardando biodiversità, biomassa e produzione legnosa e individuando e promuovendo la valorizzazione di specie fungine locali, poco richieste e poco utilizzate, per sviluppare una filiera territoriale.

Amycoforest, che ha riguardato anche diverse zone del Piemonte, è stato finanziato nell’ambito del Programma di cooperazione transfrontaliera Alcotra 2007-2013, con la Regione Piemonte capofila e come partner italiani l’Università degli Studi di Genova, la Regione Liguria e la Provincia. Spiega Francesco Tagliaferro, responsabile di Amycoforest per l’Ipla (Istituto per le piante da legno e l’ambiente) di Torino: «L’idea ora è quella di cercare di continuare il progetto ampliandolo su fronte della comunicazione e lavorando sulla filiera della trasformazione e della vendita di questi prodotti con un’offerta gastronomica legata a questi territori, all’insegna del turismo sostenibile».

Oltre ai funghi epigei, l’iniziativa riguarda i funghi ipogei o tartufi. Lo scorso anno se n’è parlato a Villa Nobel di Sanremo, in un incontro dedicato proprio all’iniziativa transfrontaliera. In Liguria la produzione di questi preziosi tuberi si aggira intorno ai 4 mila chili. Sono importanti sia per attrarre turisti interessati agli aspetti enogastronomici del territorio, sia come baluardo per il territorio, attraverso la salvaguardia e la cura dei boschi. A questa risorsa del sottobosco l’Ufficio Parchi della Provincia ha anche dedicato un volumetto, curato da Claudia Fornara e Alessandro Giacobbe e significativamente intitolato «Alla scoperta del tartufo nella Riviera dei Fiori».Le ricerche storiche dimostrano che quella del tartufo è un presenza ben nota sin dai tempi antichi nel Ponente ligure: nei boschi di Rezzo, Dolcedo e Triora la ricerca di questo fungo sotterraneo è una tradizione radicata, e già dal basso Medioevo gli statuti comunali tutelavano i preziosi frutti dei boschi dell’alta Valle Argentina amministrati da Triora. Nel Seicento e durante l’Illuminismo, la «trifola» ligure conobbe il momento di massimo splendore, mentre in età napoleonica si stima in 10 quintali la quantità di tartufi neri raccolti nei circondari di Savona e di Porto Maurizio. Lo scorso marzo, il Salone agroalimentare di Finale Ligure ha celebrato anche le nozze «culinarie» fra il tartufo nero ligure, la cucina tipica del Ponente e l’olio Dop Riviera ligure. Un abbinamento diverso dal solito, ma di grande attrattiva.

E se il maltempo di una stagione anomala mette in forse le raccolte di frutta e ortaggi, per gli «umili» (ma costosi) funghi costituisce una sorta di rivincita.

enrico ferrari


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