ebook di Fulvio Romano

lunedì 21 luglio 2014

Quell'alga tossica usata per fertilizzare il bio....

LA STAMPA

Italia

Ortaggi “bio” coltivati

con fertilizzanti tossici

Cagliari, sequestrate tonnellate di prodotto a base di un’alga cinese

La “mela stregata” veniva venduta con l’etichetta di “prodotto naturale”.

E in apparenza non c’era nessuna frode, perché i fertilizzanti in questione contenevano davvero una sostanza biologica - che si chiama “matrina” - e che viene estratta da un’alga diffusa in varie regioni della Cina.

Ma un risvolto pericoloso c’è, eccome. Il principio attivo contenuto in questi fertilizzanti molto utilizzati per l’agricoltura bio, infatti, hanno un effetto simile a quello di sostanze molto pericolose, come il Ddt. In Italia, dove non c’è il divieto di vendita, questi prodotti venivano commercializzati da un’azienda che ha sede a Milano e che aveva anche un deposito in Sardegna e due in Puglia.

Gli affari andavano a gonfie vele, ma nelle scorse settimane una segnalazione di Federbio (l’associazione che riunisce gli agricoltori biologici), e un’inchiesta de La Stampa hanno messo in allarme i finanzieri del comando provinciale di Cagliari che, insieme agli esperti dell’Ispettorato repressioni frodi hanno iniziato a studiare il caso.

Poi è partita l’operazione “Mela stregata”, sono scattati i sequestri e sul registro degli indagati sono stati iscritti due nomi: il rappresentante legale della società che stoccava i fertilizzanti pericolosi (un quarantanovenne della provincia di Lecce) e un commerciante del Cagliaritano che gestiva lo stesso affare nel sud della Sardegna. Nel corso di tre diversi blitz sono stati sequestrati più di sessantacinque tonnellate del fertilizzate. Secondo una prima valutazione degli uomini delle Fiamme gialle con l’operazione “Mela stregata” è stato stroncato un business dannoso per la salute che avrebbe invece fruttato non meno di tre milioni e mezzo di euro.

La sostanza sotto accusa, cioè la matrina, è un derivato della Sephora flacens, una pianta leguminosa di origine orientale. Tutte le tonnellate di fertilizzanti sequestrate dai finanzieri, e attentamente analizzate in laboratorio, contenevano il principio attivo tossico.

Ma qual è il pericolo per l’uomo e gli animali? Così lo spiega il tenente colonnello Andrea Taurasi comandante del Gruppo “Tutela economia” del Nucleo di polizia tributaria di Cagliari: «Queste sostanze hanno un’azione neurotossica, la stessa svolta dai fitofarmaci fosforganici, carbammati e cloroderivati come il Ddt. Per queste ragioni, i prodotti a basse di matrina sono considerati pesticidi pericolosi per la salute pubblica, per gli animali e per l’ambiente, e non risultano né approvati né registrati secondo i rigorosi criteri della normativa europea e nazionale».

Esclusa dai registri per l’agricoltura biologica, in Italia la matrina non è neppure inserita negli elenchi delle sostanze tossiche. E proprio per questo veniva utilizzata per coltivare gli ortaggi “biologici”. Duplice il modo d’impiego: in polvere oppure “tagliata” con altre sostanze chimiche liquide. Per sterminare i parassiti era considerata il prodotto migliore in circolazione.

«In agricoltura biologica i normali agrofarmaci sono banditi ma è possibile utilizzare alcune tipologie di fertilizzanti – spiega Paolo Carnemolla, il presidente di Federbio –. A differenza di quanto avviene nell’agricoltura convenzionale, però, è necessario attenersi a un elenco di prodotti indicati dalla legge italiana: i fertilizzanti devono essere organici». E quelli a base di matrina si fregiavano di questo titolo, essendo ricavati dell’alga.

Ma proprio in Cina, così come in India e Vietnam, dove conoscono bene la Sephora flacens e i suoi derivati, la matrina compare negli elenchi dei veleni. In Italia, invece, veniva utilizzata per produrre frutta e verdura con marchio di qualità.

nicola pinna


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