ebook di Fulvio Romano

domenica 20 luglio 2014

Il Tour nelle gambe di Nibali ( e i Francesi che si incazzano...)

LA STAMPA

Sport

Il vantaggio costruito a piccoli passi

Un’altra prova di forza di Nibali al Tour, nella seconda tappa alpina che arrivava in salita a Risoul dopo aver scalato cime leggendarie come Lauteret e Izoard. Il leader della classifica questa volta non ha vinto, ma è arrivato 2° a 24” dal polacco Majka, compagno di squadra del già ritirato Contador, dilatando comunque il proprio vantaggio su tutti i rivali diretti per il successo finale. Lo spagnolo Valverde resta al posto d’onore, ma adesso ha oltre 4 minuti e mezzo di ritardo. Seguono i due francesi Bardet (a 4’50”) e Pinot (a 5’06”), l’americano Van Garderen (a 5’49”) e l’altro transalpino Peraud (a 6’08”), ieri 3° a contatto con Nibali. Tutti gli altri ben difficilmente rientreranno nella lotta per il podio, anche se da martedì ci saranno le tre tappe pirenaiche e sabato 26 la crono che definirà la classifica.

Ha stupito, ancora una volta, la lucidità con cui Nibali sa mettere ogni giorno un mattoncino sull’altro nel costruire pazientemente la sua fantastica impresa. Con la zampata nella seconda tappa di Sheffield aveva guadagnato un paio di secondi e la sua prima maglia gialla. Un vantaggio appena più consistente era arrivato col blitz a Planche des Belles Filles e la terza vittoria di due giorni fa a Chamrousse. Altro fieno in cascina è stato messo ieri, sia pure senza il successo di tappa. «Quello l’ha meritato Majka, che già l’aveva sfiorato il giorno prima», ha sottolineato Nibali, dimostrando il solito rispetto per gli avversari. Del resto, va sottolineato, la leadership del siciliano è maturata senza imprese stupefacenti, come fughe da lontano o distacchi di minuti. Il suo è stato un lungo lavoro ai fianchi, con strategie astute, senza il colpo del ko. Sarà stato meno spettacolare, ma di sicuro più credibile dopo anni di scandali doping nel ciclismo.

Eppure c’è già chi al Tour semina zizzania, alimenta sospetti, avanza dubbi sulla veridicità della supremazia dimostrata dal campione italiano. Qualche giorno fa Nibali si era dovuto difendere, in verità benissimo, da chi lo accusava di correre nel team Astana guidato da Vinokourov e con un compagno come Scarponi, entrambi squalificati in passato per doping. Il quotidiano francese Le Monde, forse per «aiutare» i corridori di casa, aveva invece sottolineato come il siciliano in salita sviluppi un numero molto elevato di watt, segno di grande potenza, senza fatica apparente. Ieri c’è stata un altro attacco doppio. Un giornalista ha infatti accostato il nome di Nibali a quello del dottor Michele Ferrari, il famigerato medico radiato a vita per pratiche dopanti (fra i suoi «pazienti» c’era soprattutto Lance Armstrong). «Non lo conosco né l’ho mai incontrato - ha risposto sereno Nibali -. Già nel 2009 sporsi denuncia per un’accusa simile, che infatti si rivelò del tutto infondata».

È intervenuto poi Oleg Tinkov, sponsor magnate e proprietario del team Saxo Tinkoff di Contador e Majka: «Se Contador non si fosse ritirato, Nibali non sarebbe in giallo». Il siciliano ha replicato con calma: «E se fosse rimasto anche Froome di sicuro ce le saremmo date di santa ragione. Comunque non credo di aver rubato nulla. Ero venuto qui al top per ottenere il massimo, senza sentirmi sconfitto in partenza. Forse mi avrebbero battuto, forse no. In carriera però sono spesso arrivato davanti a Froome e Contador, due campioni».

Perfetto, come in bici. Con una replica: «Nel 2015 potrei fare classifica sia al Giro che al Tour». Di fronte al signore in giallo si è invece tolto il cappello Valverde, che ieri ha perso un altro minuto: «È il più forte, non si discute». Lapidario ma eloquente.

GIORGIO VIBERTI


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